1

A5-βTri

La stella β della costellazione del Triangolo è di tipo A5III e si trova a circa 127 A.L. dalla nostra stella. Questa ruota su se stessa con una velocità di circa 70 km/s. La stella è una variabile probabilmente di tipo spettroscopica ad eclisse. La temperatura stimata è intorno ai 7’220 K.

L’immagine in figura rappresenta lo spettro di βTri ripresa il giorno 03 Dicembre 2012 alle ore 22.01 (TMEC) da Briosco (MB) con un telescopio Newton SkyWatcher 200mm f/4 + reticolo di diffrazione StarAnalyser 100 + camera Magzero MZ-5m. Una prima analisi dello spettro di assorbimento mostra in modo marcato la presenza della serie di Balmer ed in particolare le linee dalla Hα alla Hη. Di seguito è riportato l’istogramma dellla regione di interesse. L’offset ottenuto tramite fit gaussiano è 25.971 pixel. La massima luminosità è raggiunta per lunghezze d’onda pari a 5095.0 Å. Scarica il file di testo della misura.

Spettro di assorbimento non calibrato (Visual Spec)

A questo punto si è proceduto alla realizzazione dello spettro MAX-assorbimento al fine di semplificare le future operazioni di fit. Effettuando un fit gaussiano sui picchi otteniamo:

  • 3827.3 Å linea Hη dell’HI (3835.0 Å)
  • 3886.2 Å linea Hζ dell’HI (3888.6 Å)
  • 3966.9 Å linea Hε dell’HI (3969.7 Å)
  • 4096.9 Å linea Hδ dell’HI (4101.3 Å)
  • 4336.4 Å linea Hγ dell’HI (4340.0 Å)
  • 4626.0 Å linea da identificare
  • 4860.0 Å linea Hβ dell’HI (4860.8 Å)
  • 5191.8 Å linea da identificare
  • 5588.5 Å linea da identificare
  • 5795.1 Å linea da identificare
  • 6544.8 Å linea Hα dell’HI (6562.1 Å)
  • 7593.2 Å linea da identificare
  • 7746.4 Å linea da identificare
  • 8181.8 Å linea da identificare
  • 8812.7 Å linea da identificare



A1-βAur (Menkalinan)

La stella β della costellazione dell’Auriga è un sistema stellare triplo di cui la stella più luminosa di classe A1IV e si trova a circa 81 A.L. dalla nostra stella. La sua massa è praticamente il triplo di quello del Sole mentre la massa circa il doppio. La temperatura effettiva è pari a circa 9’000 K e ruota su se stessa con una velocità di 33 km/s. Del sistema triplo, la seconda stella Menkalian B ha praticamente le stesse caratteristiche della componente principale. Il sistema Menkalian A e B costituiscono una variabile spettroscopica ad eclisse.

L’immagine in figura rappresenta lo spettro di βAur ripresa il giorno 03 Dicembre 2012 alle ore 21.37 (TMEC) da Briosco (MB) con un telescopio Newton SkyWatcher 200mm f/4 + reticolo di diffrazione StarAnalyser 100 + camera Magzero MZ-5m. Una prima analisi dello spettro di assorbimento mostra in modo marcato la presenza della serie di Balmer ed in particolare le linee dalla Hα alla Hζ. Di seguito è riportato l’istogramma dellla regione di interesse. L’offset ottenuto tramite fit gaussiano è 16.3886 pixel. La massima luminosità è raggiunta per lunghezze d’onda pari a 5285.6 Å. Scarica il file di testo della misura.

Spettro di assorbimento non calibrato (Visual Spec)

A questo punto si è proceduto alla realizzazione dello spettro MAX-assorbimento al fine di semplificare le future operazioni di fit. Effettuando un fit gaussiano sui picchi otteniamo:

  • 3878.5 Å linea Hζ dell’HI (3888.6 Å)
  • 3962.7 Å linea Hε dell’HI (3969.7 Å)
  • 4092.9 Å linea Hδ dell’HI (4101.3 Å)
  • 4332.3 Å linea Hγ dell’HI (4340.0 Å)
  • 4617.7 Å linea da identificare
  • 4854.1 Å linea Hβ dell’HI (4860.8 Å)
  • 5188.8 Å linea da identificare
  • 5480.0 Å linea da identificare
  • 5577.6 Å linea da identificare
  • 5786.7 Å linea da identificare
  • 5892.5 Å linea da identificare
  • 6252.7 Å linea da identificare
  • 6545.8 Å linea Hα dell’HI (6562.1 Å)
  • 7591.8 Å linea da identificare
  • 7744.8 Å linea da identificare
  • 8186.1 Å linea da identificare
  • 8819.4 Å linea da identificare
  • 8966.5 Å linea da identificare

La stessa stella è stata ripresa con il medesimo setup anche il giorno 19/12/2012 ore 23.03 (TMEC). L’offset ottenuto tramite fit gaussiano è 31.4795 pixel. La massima luminosità è raggiunta per lunghezze d’onda pari a 5274.4 Å. Scarica il file di testo della misura.

Spettro di assorbimento non calibrato (Visual Spec)

A questo punto si è proceduto alla realizzazione dello spettro MAX-assorbimento al fine di semplificare le future operazioni di fit. Effettuando un fit gaussiano sui picchi otteniamo:

  • 3810.9 Å linea Hη dell’HI (3835.0 Å)
  • 3878.1 Å linea Hζ dell’HI (3888.6 Å)
  • 3958.4 Å linea Hε dell’HI (3969.7 Å)
  • 4090.3 Å linea Hδ dell’HI (4101.3 Å)
  • 4328.9 Å linea Hγ dell’HI (4340.0 Å)
  • 4849.3 Å linea Hβ dell’HI (4860.8 Å)
  • 5784.8 Å
  • 6240.1 Å
  • 6546.5 Å linea Hα dell’HI (6562.1 Å)
  • 6866.6 Å
  • 7583.2 Å
  • 8188.2 Å



A7-αCep (Alderamin)

La stella α della costellazione del Cefeo è di tipo A7IV-V e si trova a circa 49 A.L. dalla nostra stella. La sua massa è praticamente il doppio di quello del Sole mentre il suo raggio è 2.5 volte. La temperatura effettiva è pari a 7’500 – 8’000 K e ruota su se stessa con una velocità di 246 km/s.

L’immagine in figura rappresenta lo spettro di αCep ripresa il giorno 03 Dicembre 2012 alle ore 21.55 (TMEC) da Briosco (MB) con un telescopio Newton SkyWatcher 200mm f/4 + reticolo di diffrazione StarAnalyser 100 + camera Magzero MZ-5m. Una prima analisi dello spettro di assorbimento mostra in modo marcato la presenza della serie di Balmer ed in particolare le linee dalla Hα alla Hε. Di seguito è riportato l’istogramma dellla regione di interesse. L’offset ottenuto tramite fit gaussiano è 22.0295 pixel. La massima luminosità è raggiunta per lunghezze d’onda pari a 5289.3 Å. Scarica il file di testo della misura.

Spettro di assorbimento non calibrato (Visual Spec)

A questo punto si è proceduto alla realizzazione dello spettro MAX-assorbimento al fine di semplificare le future operazioni di fit. Effettuando un fit gaussiano sui picchi otteniamo:

  • 3959.1 Å linea Hε dell’HI (3969.7 Å)
  • 4093.7 Å linea Hδ dell’HI (4101.3 Å)
  • 4333.4 Å linea Hγ dell’HI (4340.0 Å)
  • 4860.2 Å linea Hβ dell’HI (4860.8 Å)
  • 5187.3 Å linea da identificare
  • 5445.4 Å linea da identificare
  • 5489.7 Å linea da identificare
  • 5552.7 Å linea da identificare
  • 5592.1 Å linea da identificare
  • 5783.4 Å linea da identificare
  • 5891.9 Å linea da identificare
  • 6246.5 Å linea da identificare
  • 6551.3 Å linea Hα dell’HI (6562.1 Å)
  • 7282.8 Å linea da identificare
  • 7600.0 Å linea da identificare
  • 7744.0 Å linea da identificare
  • 8191.7 Å linea da identificare
  • 8650.7 Å linea da identificare
  • 8981.2 Å linea da identificare
  • 9318.4 Å linea da identificare



Misura della costante di Rydberg utilizzando un reticolo di diffrazione

ARTICOLI DI ASTRONOMIA AMATORIALE
VOLUME 1 NUMERO 1 (2012)

ABSTRACT

La temperatura dell’atmosfera stellare di stelle di classe spettrale A è tale per cui gli atomi di Idrogeno presenti si trovano principalmente in uno stato legato con numero quantico principale n maggiore o uguale a due. Le transizioni sullo stato fondamentale risultano quindi sfavorite e il canale aperto più probabile è la transizione dal livello n’ > 2 allo stato n = 2 (Serie di Balmer). Dato che la lunghezza d’onda della radiazione assorbita dal gas stellare è legata ai numeri quantici n ed n’ dalla nota formula di Rydberg, è possibile estrarre il valore dell’omonima costante R a partire dallo spettro elettromagnetico misurato al telescopio con un reticolo di diffrazione di tipo Star Analyser 100. In questo articolo si riportano i dati ottenuti utilizzando gli spettri di 14 stelle di tipo A acquisiti nell’anno 2012.

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L’Universo a portata di mano

13.75 miliardi di anni fa, tutto lo spazio che oggi possiamo “osservare” con i nostri telescopi aveva dimensioni infinitesime, ben più piccole di un atomo. In questo microcosmo era concentrata tutta la materia (energia) che oggi ritroviamo nell’Universo sotto forma di pianeti, stelle e galassie.

Non ha senso quindi parlare di cosa ci fosse prima od oltre l’Universo dato che il tempo e lo spazio nacquero proprio in quell’istante, noto come Big Bang.

In realtà Big Bang è una parola fuorviante, dato che 13.75 miliardi di anni fa NON esplose proprio nulla. Semplicemente lo spazio (tempo) iniziò a dilatarsi; un processo tuttora in atto.

Molta materia in poco spazio si traduce in urti violenti e quindi altissime temperature. Sono proprio questi urti che nei primi istanti dopo il Big Bang hanno dato luogo alla produzione di tutte le particelle elementari che oggi vengono ricreate, dopo quasi 14 miliardi di anni, nei grandi acceleratori quali, ad esempio, LHC al CERN di Ginevra.

Dopo un minuto dal Big Bang la temperatura ha cominciato ad abbassarsi permettendo la fusione nucleare tra le particelle sopravvissute alle prime fasi turbolenti di vita dell’Universo: protoni e neutroni. In circa 20 minuti vennero sintetizzati i primi elementi chimici presenti nel cosmo: Idrogeno, Elio, Litio e Berillio. Dopo 20 minuti l’espansione fece si che gli spazi divennero sufficientemente grandi da abbassare la temperatura dell’Universo fino alla soglia necessaria per innescare la fusione nucleare. La grande fornace cosmica così si fermò e per 400 mila anni l’Universo cominciò a brillare di luce come un Ferro rovente appena uscito da un forno, senza però produrre nessun nuovo elemento chimico.

Questa fase di “Universo luminoso” finì dopo 379 mila anni quando lo spazio, sempre più grande, permise agli elettroni di legarsi ai nuclei sintetizzati nei primi 20 minuti di vita dell’Universo. Si passa così dal plasma all’atomo: il cosmo cade nell’oscurità; un’oscurità che durerà circa 400 milioni di anni, periodo in cui l’Universo rimase uno spazio buio, senza stelle, riempito da immense nube di Idrogeno ed Elio.

M42 - Nebulosa di Orione

Per motivi ancora non del tutto chiari, queste nubi ad un certo punto cominciarono ad addensarsi, così come fanno le nuvole in un cielo sereno. Al loro interno si formarono delle piccole “gocce”, ovvero dei punti dove i gas cominciarono ad addensarsi maggiormente. Compressi dalla forza di gravità, in poco tempo i gas si portarono a temperature di qualche milione di gradi innescando nuovamente la fusione nucleare. Dopo 400 milioni di anni, al centro di quegli ammassi condensati, l’Universo ricominciò a sintetizzare gli elementi chimici.

Il processo di fusione nucleare libera energia sotto forma di radiazione la quale, passando attraverso il gas compresso dalla gravità, diviene luce. Il gas così si “accende” mantenendosi in un fragile equilibrio: nascono le stelle.

Oggi possiamo vedere in diretta il processo di formazione stellare osservando in dettaglio il centro della nebulosa di Orione (M42) come mostrato recentemente dall’Hubble Space Telescope. Un processo iniziato circa 13 miliardi di anni fa e tuttora in atto.

Una volta nate, le stelle continueranno nel loro centro a dar luogo alla fusione sintetizzando, passo dopo passo, tutti gli elementi chimici presenti nella tavola periodica fino al Ferro.

Tutte le stelle che osserviamo nel cielo si trovano in questo stato. Una volta giunte alla fine della loro vita (ovvero sintetizzato l’elemento più pesante permesso), queste possono o spegnersi dolcemente rilasciando nello spazio il gas che le costituisce oppure esplodere violentemente dando luogo a quei fenomeni noti come esplosioni di supernova. Nel primo caso, l’oggetto che possiamo osservare con i nostri telescopi è un ammasso di gas sferico con al centro quel che rimane del nucleo stellare (nana bianca). Questo tipo di nebulosa è detta nebulosa planetaria.

M27 - Esempio di nebulosa planetaria

L’aggettivo “planetario” è fuorviante, dato che queste nebulose non hanno nulla a che fare con i pianeti. L’origine del nome è da ricercarsi nella difficoltà che i primi astronomi trovarono nel risolvere questi oggetti che apparivano, ai loro telescopi, come dei dischi luminosi immersi nell’oscurità del cielo; dischi del tutto simili a quelli planetari.

Le esplosioni di supernova generano invece nebulose più irregolari. Gran parte delle nebulose ad emissione e oscure hanno avuto origine da un’esplosione di supernova. La stessa nebulosa granchio o M1, nella costellazione del Toro, è il resto di una stella esplosa nel 1054.

Durante un’esplosione di supernova vengono rilasciati nello spazio interstellare tutti gli elementi sintetizzati all’interno della stella e quindi tutti gli elementi chimici dall’Idrogeno al Ferro. Gli altri elementi pesanti, come ad esempio l’Uranio, verranno invece prodotti durante l’esplosione stessa.

Questo gas “sporco” va così a contaminare l’Universo. Stelle che nasceranno dalla contrazione di questo gas partiranno con degli elementi pesanti al loro interno oltre ai sempre abbondanti Idrogeno ed Elio. Tali stelle prendono il nome di stelle di “seconda” generazione. Una stella di questo tipo è ad esempio il nostro Sole. Nel Sole infatti troviamo tracce di elementi pesanti, tra cui il Ferro, necessariamente sintetizzati in passato nel cuore di una stella (più massiva) poi esplosa.

M33 - Esempio di galassia a spirale


Tornando alla storia dell’Universo abbiamo visto come, dopo 400 milioni di anni, all’interno di enormi nubi di gas hanno cominciato ad accendersi le prime stelle. L’insieme di tutte le stelle di una “nube primordiale” è detto galassia. All’interno di ciascuna galassia le stelle possono poi nascere in piccoli aggruppamenti noti come ammassi aperti. Un esempio di ammasso aperto sono le Pleiadi o M45 nella costellazione del Toro, nate da un’unica nebulosa circa 100 milioni di anni fa.

Tra le tante “nubi primordiali” una ha cominciato a originare le prime stelle circa 1 miliardo di anni dopo il Big Bang: si tratta della Via Lattea, la galassia di cui il Sole è una delle 300 miliardi di stelle che oggi la compongono. Se guardate il cielo estivo (ma anche autunnale o invernale) vi accorgerete che questo è attraversato da una grande striscia bianca: la Via Lattea appunto. Se la ingrandite con un binocolo vi accorgerete che questa è composta da tantissime stelle.

La Via Lattea non è nient’altro che una galassia “vista dall’interno”.

M13 – Esempio di ammasso globulare

Intorno alle galassie abbiamo spesso anche la condensazione contemporanea di altre piccole nube di gas che danno luogo a quegli ammassi noti come ammassi globulari.

M45 - ammasso aperto delle Pleiadi

Malgrado è usanza parlare in generale di ammassi stellari, bisogna notare che mentre quelli aperti si trovano dentro le galassie quelli globulari sono di natura extra-galattica. Esempio di ammasso globulare è il grande ammasso dell’Ercole o M13 nella costellazione omonima.

Ma quante sono le galassie nell’Universo? Ad oggi conosciamo qualcosa come 100 miliardi di galassie che si muovono nello spazio (sempre più grande a seguito dell’espansione) obbedendo praticamente alla sola forza di gravità. Questa a volte spinge le galassie le une contro le altre dando luogo a veri e propri scontri galattici.

Per comprendere le distanze e le dimensioni di tutti questi oggetti cosmici che abbiamo fin qui descritto ne riportiamo alcuni esempi.

  • Diametro della Terra: 12’700 km
  • Diametro della Luna: 3’500 km
  • Diametro del Sole: 1’400’000 km
  • Dimensione delle stelle più grandi: 1’960’000’000 km
  • Distanza Sole – Plutone: 7’300’000’000 km
  • Distanza Sole – Proxima Centauri (stella più vicina): 39’700’000’000’000 km = 4.2 ly (anni luce)
  • Distanza Sole – M42: 1’344 ly
  • Diametro Via Lattea: 100’000 ly
  • Distanza Sole – M13: 22’000 ly
  • Distanza Sole – Galassia di Andromeda (galassia più vicina): 2’540’000 ly
  • Distanza Sole – galassia più distante: 13’200’000’000 ly

Vediamo ora cosa è successo 4.568 miliardi di anni fa, quando da una nebulosa della Via Lattea, nacque il Sole. Per 10 milioni di anni intorno al Sole è stata presente una nube di gas e polveri che piano piano hanno cominciato a condensare formando corpi minori molto simili a piccoli asteroidi. Questi hanno cominciato a collidere gli uni contro gli altri per 100 milioni di anni, formando a mano a mano corpi di dimensioni sempre maggiori. Al termine di questo processo vennero a costituirsi otto pianeti: Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano e Nettuno.

Il pianeta Giove

Quelli più esterni riuscirono inoltre a raccogliere intorno a se il gas presente, andando ad aumentare sempre più il loro volume. Oggi Giove, Saturno, Urano e Nettuno sono infatti dotati di atmosfere molto estese tanto da dare loro il nome di pianeti gassosi.

Ancor oggi è rimasto qualcosa di quell’insieme di piccoli corpuscoli primordiali: sono gli Asteroidi e i corpi minori della fascia di Kuiper e della nube di Oort.

Dal 24 Agosto 2006 esiste infine una nuova classificazione dei corpi celesti del Sistema Solare. In particolare esistono corpi che sono dei “pianeti” mancati, ovvero oggetti troppo piccoli per essere chiamati pianeti ma troppo grandi e regolari per essere chiamati asteroidi o corpi minori. Tali pianeti mancati prendono il nome di pianeti nani. Ad oggi (2012) i pianeti nani del Sistema Solare sono cinque: Cerere, Plutone, Eris, Makemake e Haumea. Plutone che prima del 2006 era catalogato come pianeta è quindi stato “declassato” al titolo di pianeta nano.

Nella lontana nube di Oort si trovano invece le comete. Ovvero corpuscoli primordiali delle dimensioni variabili da 100 m a diverse decine di chilometri, costituiti prevalentemente da ghiaccio. Questi oggetti, perturbati dalle loro orbite possono cadere verso il Sole. In prossimità della nostra stella il ghiaccio comincia a sublimare lasciando dietro al corpo la nota coda. Sono le comete, che in modo più o meno prevedibile attraversano i nostri cieli notturni. La zona luminosa, costituita dal corpo in sublimazione, è nota come chioma.

La cometa Garradd

Il Sistema Solare è l’unico sistema planetario della Via Lattea? Se si ipotizza che il Sole è una delle tante stelle che costituiscono la nostra galassia, allora è ovvio che il Sistema Solare è solo uno dei tanti. Fino a pochi anni fa questa era però solo una speculazione filosofica. Oggi, grazie alle più recenti tecniche astronomiche è stato possibile “vedere” per la prima volta pianeti che ruotano intorno ad altre stelle. Ad oggi sono stati osservati più di 1000 pianeti detti esopianeti, di cui 8 di dimensioni (e posizioni) simili alla Terra ed altri 8 leggermente più grandi. Se questo fosse generalizzabile a tutta la Via Lattea, avremmo ben 48’000’000 di pianeti simili alla Terra solo nella nostra galassia!

In questo post sono stati riportati solo i concetti base utili al neofita per un’osservazione consapevole dell’Universo attraverso il proprio telescopio. Informazioni più dettagliate le trovate in rete o tra poco anche su ASTROtrezzi.it, sezione ASTROnomia. Non vi resta che augurarvi una buona osservazione e cieli sereni!




Corso di Astronomia alla Riserva Lago di Piano

ASTROtrezzi terrà un corso di Astronomia alla Riserva Lago di Piano. Questo si articolerà in tre lezioni di cui una pratica:

10 Novembre – ASTROfisica [SERATA CONFERMATA]
20.30 – Conferenza dal titolo “l’Universo a portata di mano”
In questa serata sarà possibile viaggiare nel tempo e nello spazio alla scoperta dell’Universo così come lo conosciamo oggi. Scopo della prima lezione è preparare il pubblico all’osservazione “pratica” del cielo notturno, oggetto della seconda serata.

DISPENSA DELLA CONFERENZA

Aurora Boreale da Sormano (CO) - Immagine GRUPPO AMICI DEL CIELO, tutti i diritti sono riservati

24 Novembre – ASTROfotografia [SERATA IN SOSTITUZIONE AD ASTRONOMIA]

20.30 – Conferenza dal titolo “Astrofotografia”
Ora che avete imparato ad orientarvi nell’immensità della volta celeste non volete scattare una foto ricordo? In questa conferenza vedremo come sia possibile riprendere il cielo utilizzando strumenti di vario genere: dal cellulare ai moderni CCD astronomici.

UNA SEMPLICE GUIDA ALL’ASTROFOTOGRAFIA DIGITALE LA TROVATE QUI, OPPURE LEGGETE IL LIBRO DI L. COMOLLI LA CUI RECENSIONE E’ RIPORTATA QUI. Ai neofiti suggeriamo anche gli articoli  L’Astrofotografia di tutti i giorni” e “Scegliere la propria strumentazione astrofotografica”.

08 Dicembre – ASTROnomia [SERATA CONFERMATA (EX 01 DICEMBRE 2012)]
20.30 – Osservazione del cielo stellato (vestirsi adeguatamente)
Vi siete mai chiesti come fanno gli astrofili a trovare galassie e nebulose nella vastità del cielo notturno? Con questo corso di Astronomia pratica all’aperto scoprirete come sia semplice orientarsi tra stelle e pianeti. Portate pure le vostre mappe del cielo e ottiche di vario genere (binocoli, cannocchiali o telescopi). Insieme scopriremo come sia semplice utilizzarle!

RIPORTIAMO DI SEGUITO LE FANTASTICHE IMMAGINI ASTRONOMICHE RIPRESE DA MOIRA CAPELLI AL TERMINE DEL CORSO DI ASTRONOMIA (fotocamera Canon EOS 60D a fuoco diretto di un telescopio Newton 150mm f/5)

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LA SERATA ASTRONOMIA SI TERRÀ IL GIORNO SABATO 08 DICEMBRE 2012 INDIPENDENTEMENTE DALLE CONDIZIONI METEO

PER ISCRIVERSI AL CORSO O MAGGIORI INFORMAZIONI: Quota di partecipazione 10.00 € per tutto il corso. Casa della riserva 0344/74961 oppure riservalagopiano@cmalpilepontine.itwww.facebook.com/riservalagodipianowww.facebook.com/volontarilagodipiano .




Guida pratica all’astrofotografia digitale

GUIDA PRATICA ALL’ASTROFOTOGRAFIA DIGITALE (*****)
Lorenzo Comolli – Daniele Cipollina
Gruppo B Editore, ISBN 978-88-95650-33-3, 2011, prezzo 26.00 €

“Guida pratica all’astrofotografia digitale” è oggi il miglior libro di astrofotografia presente sul mercato italiano. Le prima due parole del titolo riassumono le caratteristiche peculiari di questo libro. Prima di tutto infatti questo è una guida per tutti gli astrofotografi. Qui infatti troverete informazioni dettagliate sul funzionamento delle reflex digitali (DSLR) e dei CCD astronomici nonché tutto quello che bisogna conoscere al fine di effettuare degli scatti astronomici.

A mio avviso è una guida realmente adatta a tutti. Prova ne è il fatto che al neofita questo libro apparirà complicato al punto giusto mentre l’esperto ritroverà tra le pagine i concetti a lui noti ma spiegati con estrema semplicità e chiarezza.

Ma “Guida pratica all’astrofotografia digitale” non è una banale guida ma è una guida pratica. Questa è una caratteristica difficile da trovare in un libro di astrofotografia!

In particolare gli autori conducono il lettore mano nella mano (o meglio mano sul mouse) tra i labirinti di programmi quale Maxim DL o Photoshop. A differenza di quanto si trova spesso nei forum di astrofotografia L. Comolli e D. Cipollina non si limitano a dare consigli ma indicano parametri e valori da attribuire alle varie funzionalità presenti nei più comuni software astronomici nonché schemi per la costruzione artigianale di alcune utility quali flat box, alimentatori 12V per Canon e molto altro ancora.

Questa guida è quanto di più utile e completo si possa trovare sul mercato, tuttavia qualche piccola critica si rende necessaria. Prima di tutto è l’utilizzo di software proprietario come Maxim DL e Photoshop il cui costo è veramente elevato, spesso fuori dalla portata economica di un neofita. Sarebbe stato meglio l’utilizzo di programmi opensource, multi-piattaforma e gratuiti come IRIS e Gimp ma, come dicono in un passo del libro gli stessi autori: “il miglior programma per l’astrofotografia è, a parità di prestazioni, quello che si sa usare meglio” e quindi giustamente si sono limitati a trattare il software che loro abitualmente utilizzano per l’elaborazione delle immagini astronomiche. Anche i plug-in per Photoshop riportati nel libro sono spesso a pagamento, ma in questo caso il loro costo è contenuto.

Seconda nota negativa potrebbe essere l’invecchiamento del testo. Infatti tra qualche anno i software cambieranno e la parte pratica di questa guida rischia di diventare obsoleta. In ogni caso il tempo di invecchiamento rimane comunque lungo dato che, ad esempio, le funzionalità di Photoshop sono più o meno le stesse da ormai più di 10 anni.

A chi consigliare quindi questo libro? A tutti, dall’astrofotografo neofita all’esperto. Si tratta di uno di quei testi che un astrofotografo (ed un gruppo di astrofili) non può non avere nella propria libreria.

Cosa aspettarsi dal futuro? Potrebbero nascere due libri satelliti di questa ottima guida pratica: uno dedicato al neofita, più semplice e capace di guidare il principiante all’acquisto e all’utilizzo della “prima” strumentazione astrofotografica. Un secondo dedicato all’esperto con descrizioni dettagliate e test più specifici di quelli riportati nel libro di L. Comolli e D. Cipollina. Questa trilogia potrebbe coprire completamente tutto quanto si può conoscere dell’Astrofotografia Digitale.

Riportiamo di seguito l’indice e la copertina del libro:

Guida pratica all’astrofotografia digitale di L. Comolli e D. Cipollina
  • Prefazione
  • Introduzione
  • Capitolo 1. La strumentazione
    • Le camere digitali
    • I sensori digitali
    • Telescopi e ottiche
    • Le montature
    • I sistemi di guida automatica
    • Gli accessori
    • I filtri fotografici
  • Capitolo 2. Prima di cominciare
    • Il sito osservativo
    • Allineamento polare della montatura
    • I settaggi delle DSLR
  • Capitolo 3. Iniziare a fotografare
    • L’acquisizione delle immagini
    • La messa a fuoco
    • Riprendere i frame di calibrazione: dark frame e flat field
    • Il bilanciamento del bianco
    • Il raffreddamento dei sensori
    • I tipi di astrofotografia
    • La scelta degli oggetti da riprendere
    • Inquadrare il soggetto
    • Lo scatto
  • Capitolo 4. Il pretrattamento delle immagini
    • La necessità del pretrattamento
    • I programmi per la gestione tecnica delle immagini
    • La calibrazione delle riprese con dark e flat
    • Convertire i file RAW
    • L’allineamento e la compositazione
  • Capitolo 5. L’elaborazione cosmetica
    • Perché elaborare?
    • La scelta del programma: Photoshop
    • I preliminari: la regolazione dei livelli e delle curve
    • La maschera sfuocata e la DDP
    • La correzione di colore selettiva sul cielo e sugli oggetti
    • Le tecniche RGB, LRGB, HaLRGB, HaOIII ed altre
    • L’elaborazione degli oggetti con elevata differenza di luminosità
    • La rimozione della vignettatura e dei gradienti
    • La riduzione del rumore di fondo
    • La riduzione dei diametri stellari
    • L’esaltazione del colore delle stelle
    • Aumentare la nitidezza con il filtro “Accentua paesaggio”
    • L’uso dei plug-in
    • Creare le “Azioni” con Photoshop
    • Il salvataggio dei file
  • Conclusione
    • Gestire le immagini
    • Diffusione su internet e sulle riviste
    • Stampare i migliori risultati
    • Consigli generali
  • Appendice
    • Riferimenti bibliografici
    • Accessori da autocostruire
    • Formule utili



Passo dello Spluga (SO) – 2114 m

Con Passo dello Spluga intendiamo la zona alpina limitrofa al passo alpino che separa l’Italia dalla Svizzera. In particolare i luoghi adatti all’osservazione del cielo notturno spaziano tra le frazioni di Madesimo Stuetta e Montespluga. Se interessati all’orizzonte nord allora anche il piazzale a lato della (ex) dogana Italia-Svizzera può essere un buon punto osservativo. Le zone d’osservazione che descriveremo in questo post sono invece adatte per la ripresa del cielo ed in particolare l’orizzonte sud, sud-ovest. Dal punto di vista dell’Inquinamento Luminoso il Passo dello Spluga è decisamente il posto più buio sperimentato in Lombardia, battendo addirittura il Passo del Mortirolo. Una stima veloce effettuata ad occhio nudo ha mostrato una magnitudine limite pari a circa 5.7. Dal punto di vista meteo invece il Passo dello Spluga è molto delicato. Una brezza tiene sempre pulito il cielo e basso il tasso di umidità. Questo è un bene a patto che la brezza non diventi vento, cosa che spesso accade. In assenza di brezza l’umidità (generata anche dal lago presente nelle vicinanze del passo) tende ad aumentare. I punti di osservazione individuati sono sostanzialmente due:

  • Punto di osservazione A: situato alla fine di una sterrata nelle vicinanze della frazione di Montespluga (via Ferré). Questa zona è piuttosto isolata ed un comodo tavolino in pietra rende agevole l’osservazione/ripresa del cielo stellato. Unico difetto sono le mucche (e simili) che possono muoversi abbastanza liberamente nella zona, quindi preparatevi a rimanere vigili sulla salute dei vostri strumenti e… non da meno… l’inquinamento luminoso. Infatti malgrado il cielo risulti particolarmente buio, alcuni lampioni del paese di Montespluga illuminano il punto di osservazione disturbando l’osservazione.
  • Punto di osservazione B: situato alla fine di una sterrata a lato della statale SS36 (imbocco della sterrata al km 145 provenendo dall’Italia). Questa zona è decisamente più buia del punto di osservazione A, schermata dalle luci (poche) della diga e dai fari diretti delle auto.

Rifugio Stuetta

A Montespluga, così come praticamente in tutte le frazioni di Madesimo (oltre al paese ovviamente) sono presenti delle strutture alberghiere. ASTROtrezzi consiglia comunque il Rifugio Stuetta situato di fronte alla diga del lago di Montespluga. E’ possibile raggiungere lo stabile in auto sempre percorrendo la SS36. Il rifugio offre ampio parcheggio e la possibilità di effettuare piacevoli passeggiati diurne. Le camere sono “da rifugio”, quindi aspettatevi brandine e letti a castello. E’ possibile pranzare e cenare direttamente al Rifugio Stuetta che offre un’ampia scelta di piatti (anche vegetariani). Purtroppo i punti di osservazione A e B sono lontani dal rifugio ed è quindi necessario muoversi in auto per raggiungerli.




Come individuare la stella Polare

INTRODUZIONE
La stella Polare gioca un ruolo importantissimo per gli osservatori dell’emisfero Boreale. Infatti a differenza di tutte le altre stelle questa si trova molto vicino al polo celeste nord apparendo quindi “immobile” durante il passare delle ore e delle stagioni. Su un breve periodo di tempo però diviene impossibile accorgersi della rotazione terrestre e quindi del movimento relativo delle stelle sulla sfera celeste. Questa condizione fa si che un osservatore non riesce a distinguere la stella Polare dalle altre stelle a partire dal loro moto. Inoltre la stella Polare NON è la stella più luminosa del cielo. È necessario quindi trovare un metodo per identificare questo astro così importante dalla miriade di stelle che ricoprono la volta celeste.

ORSA MAGGIORE E CASSIOPEA
Consigliamo di imparare a distinguere la stella Polare dalle altre stelle in una qualunque notte dell’anno escluso il periodo compreso tra settembre e dicembre. Questo perché in tale periodo una importante costellazione, l’Orsa o Carro Maggiore, apparirà bassa sull’orizzonte nord e quindi potrà essere facilmente nascosta alla nostra vista da palazzi, colline, alberi o montagne.
L’Orsa Maggiore è forse la costellazione più conosciuta. La sua forma di carro gli ha attribuito il “secondo nome” di Carro Maggiore. Per i pochi che non l’avessero mai vista ne riportiamo il disegno in figura a.

Figura a: Costellazione dell’Orsa Maggiore. In rosso la freccia che indica la direzione da seguire per trovare la stella Polare (vedi testo). - Stellarium.org tutti i diritti sono riservati

Le stelle e quindi le costellazioni cambiano la loro posizione rispetto all’orizzonte durante la notte e durante le stagioni e quindi la stessa immagine dell’Orsa Maggiore può trovarsi ruotata rispetto a quella riportata in figura a.
Nel caso non trovaste questa importante costellazione fatevi aiutare o da un simulatore del cielo notturno come Stellarium (www.stellarium.org) oppure contattate l’associazione di astrofili più vicina a casa vostra.
Identificata l’Orsa Maggiore andiamo a cercare le due stelle Dubhe e Merak e creiamo una linea immaginaria che passa tra queste. Ora muoviamoci su questa linea nella direzione indicata dalla freccia identificata dalle stelle Alioth, Mizar e Alkaid. La prima stella luminosa che troveremo è la stella Polare (figura b).

Figura b: come raggiungere la stella Polare partendo dalle costellazioni dell’Orsa Maggiore (destra) e Cassiopea (sinistra). In rosso sono indicate le “frecce” che conducono nella direzione del polo celeste. - Stellarium.org tutti i diritti sono riservati

Ma cosa facciamo se l’Orsa Maggiore è bassa sull’orizzonte ed è quindi nascosta alla nostra vista? Ci viene in aiuto un’altra costellazione: Cassiopea. Questa ha una caratteristica forma a W o a M a seconda della stagione. Il disegno è riportato in figura c. Trovata Cassiopea, bisognerà muovere lo sguardo nella direzione indicata dalla freccia identificata dalle stelle Ruchbah, γ Cas e Shedir. In un cielo sufficientemente inquinato, la prima stella luminosa sarà la stella Polare. In figura b oltre all’Orsa Maggiore è ben visibile anche la costellazione di Cassiopea.

Figura c: Costellazione di Cassiopea. In rosso la freccia che indica la direzione da seguire per trovare la stella Polare (vedi testo). - Stellarium.org tutti i diritti sono riservati

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




Passo del Mortirolo (BS) – 1852 m

Con Passo del Mortirolo (o della Foppa) intendiamo la zona limitrofa al passo alpino che separa la Valtellina dalla Valle Camonica. Le aree migliori per l’osservazione del cielo notturno si trovano tutte nel versante bresciano dove l’orizzonte sud risulta completamente aperto. L’inquinamento luminoso risulta praticamente molto basso conferendo, a giudizio personale, il titolo di miglior cielo notturno di Lombardia dopo il Passo dello Spluga. Dal punto di vista meteo il Passo del Mortirolo risulta essere molto buono mostrando sempre spazi di sereno anche quando le previsioni danno condizioni di pioggia.

Le condizioni di cielo sereno sono classificabili in tre categorie:

  • cielo sereno con vento: in questo caso risulta difficile riprendere delle immagini astronomiche. Il vento può essere continuo permettendo riprese a focali pari a 500 mm o a raffiche impedendo praticamente ogni tipo di ripresa del cielo;
  • cielo sereno con umidità: si sconsiglia in questo caso di montare la propria strumentazione astronomica in prati, soprattutto se appena tagliati. L’umidità può raggiungere livelli altissimi portando a condensazioni di ottiche e specchi secondari. In questo caso si consiglia di salire al punto di osservazione C.
  • cielo sereno in assenza di vento ed umidità standard: le condizioni ideali per riprese astronomiche. È proprio questo caso quello che ha permesso di ottenere le migliori immagini di ASTROtrezzi.

Al Passo del Mortirolo sono presenti numerosi agriturismi dove pranzare e cenare. Per quanto riguarda il pernottamento è possibile soggiornare all’Albergo Passo del Mortirolo dove i gestori sono persone veramente educate e disponibili a tollerare gli strani orari degli astrofili. Anche all’Albergo Passo del Mortirolo è possibile pranzare e cenare. Il menù è vario con piatti tipici anche vegetariani.

Albergo Passo del Mortirolo

I punti di osservazione consigliati sono tre:

  • Punto di osservazione A: per chi alloggia all’Albergo Passo del Mortirolo è possibile montare gli strumenti direttamente nel parcheggio dell’hotel dove si ha una buona visione sull’orizzonte est-sud. L’ovest ed il nord risulta leggermente coperto dai monti.
  • Punto di osservazione B: scendendo nel versante bresciano si segua la prima strada (strettina) sulla sinistra. Questa sale di circa duecento metri di dislivello o poco più arrivando in una conca da dove si vede tutta la vallata. L’orizzonte qui è molto aperto a sud, leggermente coperto l’est, l’ovest ed il nord. Purtroppo questa zona è spesso ventosa ma può essere utile quando l’umidità risulta piuttosto elevata.
  • Punto di osservazione C: si prosegue oltre il punto di osservazione B percorrendo la strada asfaltata che si fa sempre più dissestata (prestate attenzione se avete automobili molto basse). Dopo una curva troverete un ampio slargo a sinistra (5/6 posti auto) da dove parte un sentiero di montagna. Qui avrete un ottimo orizzonte sud ed ovest. Il nord è parzialmente coperto mentre abbastanza aperto l’est. Questa zona è spesso priva di vento e di umidità, risultando la migliore delle tre.



A3-δUMa (Megrez)

La stella δ della costellazione dell’Orsa Maggiore è di tipo A3V e si trova a 81.4 A.L. dalla nostra stella. La sua massa è 2.2 volte quella del Sole mentre il raggio 1.47. La temperatura effettiva è pari a circa 9’480 K. Megrez ha due compagne δUMa B e δUMa C.

L’immagine in figura rappresenta lo spettro di δUMa ripreso il giorno 03 maggio 2012 alle ore 22.42 (TMEC) da Briosco (MB) con un telescopio Newton SkyWatcher 200mm f/4 + reticolo di diffrazione StarAnalyser 100 + camera Magzero MZ-5m. Una prima analisi dello spettro di assorbimento mostra in modo marcato la presenza della serie di Balmer ed in particolare le linee dalla Hα alla Hη. Di seguito è riportato l’istogramma dellla regione di interesse. L’offset ottenuto tramite fit gaussiano è 17.9231 pixel.

Spettro di assorbimento non calibrato (Visual Spec)

A questo punto si è proceduto alla realizzazione dello spettro MAX-assorbimento al fine di semplificare le future operazioni di fit. Prendiamo in particolare in considerazione la regione dello spettro tra la linea Hβ ed il vicino UV (circa 400 nm) mostrata nella figura sottostante:

Spettro di δUMa nella regione compresa tra 380 e 520 pixel

Effettuando un fit gaussiano sui picchi otteniamo:

  • 390.2 pixel = 3825.2 Å – linea Hη dell’HI (3835.0 Å)
  • 395.5 pixel = 3879.8 Å – linea Hζ dell’HI (3888.6 Å)
  • 403.8 pixel = 3964.8 Å – linea Hε dell’HI (3969.7 Å)
  • 416.6 pixel = 4096.6 Å – linea Hδ dell’HI (4101.3 Å)
  • intorno ai 428 pixel – assorbimento anomalo (CaI 4227 Å?)
  • 440.1 pixel = 4337.4 Å – linea Hγ dell’HI (4340.0 Å)
  • intorno a 450 pixel – assorbimento anomalo (HeI 4471 Å )
  • intorno a 460 pixel – assorbimento anomalo
  • 468.3 pixel = 4626.3 Å – linea del FeII (4630 Å)
  • 491.0 pixel = 4859.6 – linea Hβ dell’HI (4860.8 Å)

Consideriamo ora la seconda parte dello spettro dalla linea Hβ dell’Idrogeno a 800 nm, mostrato nella figura sottostante:

Spettro di δUMa nella regione compresa tra 500 e 800 pixel

Effettuando un fit gaussiano sui picchi otteniamo:

  • intorno ai 512 pixel – assorbimento anomalo
  • 525.5 pixel = 5213.0 Å – linea del FeII (5197.6 Å)
  • 551.5 pixel = 5479.7 Å – linea da identificare (NiI 5476.9 Å?)
  • tra 550 e 570 pixel – assorbimento complesso
  • 582.6 pixel = 5799.3 Å – linea da identificare (HgI, banda tellurica O3, …?)
  • 592.5 pixel = 5901.0 Å – linea dell’NaI (5890 Å – 5896 Å)
  • 625.8 pixel = 6242.5 Å – linea da identificare
  • 656.7 pixel = 6558.9 Å – linea Hα dell’HI (6562.1 Å)
  • 687.3 pixel = 6873.0 Å – banda tellurica O2 (6884 Å)
  • intorno a 705 pixel – assorbimento anomalo
  • 717.3 pixel = 7180.7 Å – banda tellurica H2O (7160 – 7400 Å)
  • 731.8 pixel = 7329.5 Å – banda tellurica H2O (7160 – 7400 Å)
  • 759.1 pixel = 7610.0 Å – banda tellurica O2 (7621 Å)
  • 774.3 pixel = 7765.8 Å – linea dell’OI (7771 Å)
  • 783.2 pixel = 7857.0 Å – linea da identificare
  • 790.8 pixel = 7934.6 Å – linea da identificare

Consideriamo infine la terza parte dello spettro da 800 nm a 1000 nm, mostrato nella figura sottostante:

Spettro di δUMa nella regione compresa tra 500 e 1000 pixel

Effettuando un fit gaussiano sui picchi otteniamo:

  • 818.5 pixel = 8218.4 Å – linea limite di Paschen dell’HI (8204 Å)
  • da 820 a 850 pixel struttura di assorbimento complessa
  • 862.6 pixel = 8671.5 Å – linea del CaII (8662 Å)
  • 869.2 pixel = 8739.2 Å – linea da identificare
  • intorno a 900 pixel – struttura complessa



La scala Antoniadi

Può un astrofilo essere soddisfatto di un cielo di classe 1 della scala di Bortle ovvero buio quasi quanto lo spazio interstellare? Ovvio che no! Infatti le condizioni meteorologiche e dello strumento attraverso cui si sta osservando il cielo possono deteriorare anche in modo sostanziale la qualità delle immagini. Se però nel secondo caso possiamo rimediare riducendo gli ingrandimenti al minimo necessario e cercando di evitare flussi di aria calda nelle vicinanze dello strumento, per quanto concerne le condizioni meteorologiche poco possiamo fare.
A questo punto un astrofilo deve decidere se avere cieli bui oppure cieli poco umidi e non turbolenti. Anche un compromesso è spesso possibile. Alla luce di questo diventa evidente che un astrofilo deve scegliere in modo oculato il proprio luogo osservativo in funzione di ciò che vuole osservare e/o fotografare. Se si vuole dettaglio per osservare o riprendere pianeti, Luna o Sole allora non deve richiedere cieli bui ma piuttosto con calma atmosferica. Se si vuole osservare il cielo con un binocolo o riprendere zone vaste di cielo allora la richiesta fondamentale è un cielo buio con basso inquinamento luminoso, indipendentemente dalla turbolenza atmosferica. Infine se si vuole riprendere o osservare galassie, nebulose o ammassi globulari bisognerà cercare un buon compromesso tra bassa turbolenza e cielo buio.
Così come la scala di Bortle ci permette di classificare quanto un cielo è buio, la scala di Antoniadi ci permette di classificare quanto un cielo è buono in termini di qualità dell’immagine osservata. Nella scala di Antoniadi sono quindi inclusi fenomeni come turbolenza atmosferica, umidità e condizioni dello strumento ovvero quelli che prendono in gergo il nome “seeing”. Definire la qualità dell’immagine è però difficile dal punto di vista oggettivo, soprattutto data la strumentazione a disposizione degli astrofili (spesso solo gli occhi). Per questo motivo la scala Antoniadi risulta spesso qualitativa e molto approssimata. Un tentativo di “oggettivazione” è stato fatto da William H. Pickering basandosi sugli anelli di diffrazione delle stelle, ma data la difficoltà nell’osservare questi ultimi, la scala omonima ha avuto scarso successo nel mondo dell’astronomia amatoriale.
La scala di Antoniadi, che prende il nome dall’astronomo greco Eugène Michel Antoniadi (1870 – 1944), è costituita da 5 livelli basati sul modo in cui viene osservata un’immagine planetaria o stellare:

  • Livello I : visibilità perfetta, assenza di qualsiasi scintillio.
  • Livello II : leggeri tremolii con momenti di calma che durano anche alcuni secondi.
  • Livello III : visibilità moderata con ampi tremolii che sfocano l’immagine.
  • Livello IV : immagine non buona, soggetta a turbolenza continua con ondulazioni dell’immagine.
  • Livello V : immagine pessima, che a stento permette di realizzare uno schizzo dell’oggetto.
La scala Antoniadi è espressa in numeri romani anche se spesso è possibile trovarla indicata in numeri arabi. A differenza della scala di Bortle, dove si può stimare la magnitudine osservata (per esempio con stellarium), non esiste un metodo oggettivo per determinare la scala Antoniadi.
Una vota che gli strumenti sono messi nelle condizioni ideali per osservare il cielo, il seeing viene a dipendere unicamente dalle condizioni atmosferiche. Proprio per questo motivo è possibile realizzare delle “previsioni del seeing” analogamente a quanto già avviene per le previsioni del tempo. Questo servizio è offerto dal sito internet meteoblue (www.meteoblue.com). Una volta cercata una località vicino al luogo di osservazione, si clicca sul giorno interessato e dalla scheda seeing_5d è possibile avere le previsioni orarie del seeing. Il valore del seeing lo si trova alla voce “Seeing Index 2” ed è misurato in scala Antoniadi inversa, ovvero 1 è Livello V e 5 è Livello I. Index 1 o Index 2 fa riferimento al modello di previsione del seeing di cui il secondo da maggior peso alla fluttuazione di densità atmosferica e quindi più adatto per indicare l’effetto della turbolenza sulla qualità dell’immagine.

Non mi resta quindi che augurarvi buona osservazione e un cielo di classe 1 di Bortle e livello I di Antoniadi.




La scala di Bortle

Forse non tutti gli astrofili avranno visto NGC3108 ma sicuramente un bel cielo inquinato dalle luci cittadine è un’esperienza che nessun amante del cielo ha potuto evitare. Soprattutto noi italiani siamo costretti a vivere a stretto contatto con cieli ogni anno più arancioni e sempre più poveri di stelle. Ma come fare a quantificare la salute del nostro cielo notturno? La rivista Sky&Telescope, nel febbraio 2001 ha pubblicato una scala, ideata dall’astrofilo statunitense John E. Bortle, che da allora è diventata un riferimento per tutto il panorama dell’astrofilia mondiale. Questa è divisa in nove classi che vanno da un minimo di 1, identificata con il colore nero ed indica cieli bui, ad un massimo di 9, identificata con il colore bianco ed indica cieli molto inquinati. Di seguito riportiamo in dettaglio il significato delle singole classi (tratto dall’articolo di Sky&Telescope, febbraio 2001):


Classe 1 (cielo molto scuro), nero : Visibile la luce zodiacale, gengenschein e banda zodiacale tutte visibili ad occhio nudo. La luce zodiacale appare molto luminosa e la banda zodiacale copre l’intera volta celeste. La galassia M33 è facilmente visibile ad occhio nudo. Le nubi dello Scorpione e del Sagittario generano ombre diffuse sul terreno. Ad occhio nudo la magnitudine limite è 7.6 – 8.0 (a fatica), la presenza di Giove o Venere nel cielo sembra diminuire l’adattamento dell’occhio al buio. Visibile l’airglow (debole ma evidente soprattutto nei primi 15° dall’orizzonte). Con un telescopio da 32 cm di diametro si possono vedere a fatica stelle fino alla magnitudine 17.5, mentre con un 50 cm si raggiunge magnitudo 19. Se si sta osservando da un prato circondato da alberi, il vostro telescopio, i vostri amici ed il vostro veicolo sono quasi del tutto invisibili. Questo è quanto di meglio un astrofilo possa provare nella sua vita.

 

Classe 2 (cielo buio), grigio : Vicino all’orizzonte è possibile vedere l’airglow, M33 è facilmente visibile ad occhio nudo. La Via Lattea estiva appare ben strutturata anche ad occhio nudo, ed alcune delle sue parti più brillanti appaiono come marmo venato osservate attraverso un binocolo ordinario. La luce zodiacale è brillante e genera deboli ombre sul terreno poco prima dell’alba o subito dopo il tramonto ed il suo colore appare giallastro rispetto a quello biancastro della Via Lattea. Qualsiasi nube in cielo è visibile come uno spazio nero sovrapposto ad uno sfondo stellato. Il telescopio ed i suoi dintorni sono visibili con difficoltà tranne quando sono proiettati verso il cielo. Molti degli ammassi globulari del catalogo Messier sono visibili ad occhio nudo. Ad occhio nudo si osserva sino a magnitudine 7.1 – 7.5 mentre con un telescopio da 32 cm di diametro si può raggiungere magnitudo 16.0 o 17.0.


Classe 3 (cielo rurale), blu : Si osserva un leggero inquinamento luminoso all’orizzonte. Le nubi possono apparire debolmente illuminate se basse sull’orizzonte, anche se globalmente appaiono scure. È ben visibile la complessità della Via Lattea così come gli ammassi globulari (M4, M5, M15, M22). M33 è visibile con il metodo dell’osservazione distorta. La luce zodiacale è visibile in primavera ed autunno quando si estende per 60° sopra l’orizzonte dopo il tramonto o prima dell’alba. Il colore della luce zodiacale è appena percettibile. Il telescopio è appena visibile da una distanza di 6 – 9 metri da voi. Ad occhio nudo la magnitudine limite è 6.6 – 7.0 e con un riflettore da 32 cm di diametro si può raggiungere magnitudo 16.0 .


Classe 4 (cielo rurale / periferia), verde/giallo : presenza di luce diffusa e aloni luminosi intorno ai centri cittadini. La luce zodiacale è visibile ma non si alza molto sopra l’orizzonte al crepuscolo. La Via Lattea è ancora ben visibile ma perde parte delle sue strutture. M33 è difficilmente visibile se non quando la sua altezza dall’orizzonte è superiore ai 50°. Le nubi basse sull’orizzonte sono illuminate da sotto. È possibile osservare il nostro telescopio anche a notevole distanza. La massima magnitudine visibile ad occhio nudo è 6.1 – 6.5, mentre con un riflettore da 32 cm di diametro si può raggiungere magnitudo 15.5.


Classe 5 (cielo di periferia), arancio : luce zodiacale appena accennata e visibile raramente nelle notti d’autunno. La Via Lattea è molto debole e a volte invisibile all’orizzonte. Le fonti di luce sono visibili nella maggior parte se non in tutte le direzioni. Le nuvole in qualunque posizione sono illuminate e appaiono più chiare del cielo stellato. La magnitudine limite è circa 5.6 – 6.0 mentre con un riflettore da 32 cm di diametro si può raggiungere magnitudo 14.5 – 15.0.


Classe 6 (cielo luminoso di periferia), rosso : la luce zodiacale non è visibile neppure nelle notte migliori. La Via Lattea è visibile a tracce in direzione dello zenit. Il cielo entro un altezza di 35° è illuminato di colore bianco – grigiastro. Le nubi presenti appaiono luminose. Non avete difficoltà a trovare oculari e accessori del vostro telescopio posti sull’apposito sostegno. M33 non è visibile se non attraverso un binocolo ed M31 è appena visibile ad occhio nudo. La massima magnitudine visibile ad occhio nudo è 5.5 e con un telescopio da 32 cm di diametro si può raggiungere magnitudo 14.0 – 14.5


Classe 7 (periferia / città), rosso : tutta la volta celeste ha un colore bianco – grigiastro. Sorgenti di inquinamento luminoso sono visibili in tutte le direzioni. La Via Lattea è totalmente invisibile o quasi, M44 o M31 possono essere scorte a fatica ad occhio nudo. Le nubi presenti sono molto illuminate. Anche con telescopi di dimensioni moderate gli oggetti del catalogo Messier appaiono deboli e spesso risulta difficoltoso capirne la natura. Ad occhi nudo la magnitudine limite è 5.0 mentre un riflettore da 32 cm a malapena raggiunge la magnitudine 14.


Classe 8 (città), bianco : il cielo è completamente di colore bianco – grigiastro e senza difficoltà è possibile leggere i titoli dei giornali. M31 e M44 possono essere appena intraviste da un osservatore esperto nelle notte migliori e con un telescopio modesto è possibile osservare solo gli oggetti più luminosi del catalogo Messier. Alcune stelle delle costellazioni più note sono debolmente visibili o addirittura invisibili. Ad occhio nudo è possibile individuare, in condizioni ideali, solo stelle tuttalpiù di magnitudine 4.5. Il limite per un riflettore da 32 cm si abbassa a poco più di magnitudine 13.0 .


Classe 9 (centro città), bianco : Tutta la volta celeste è illuminata a giorno, anche allo zenit. Molte stelle delle costellazioni più famigliari sono invisibili e costellazioni come il cancro e i pesci non si vedono affatto. A parte, forse, le Pleiadi, non è possibile osservare nessun oggetto del catalogo Messier ad occhio nudo. Gli unici oggetti piacevolmente osservabili attraverso un telescopio sono la Luna, i pianeti, ed alcuni dei gruppi più luminosi di stelle (se si riescono a trovare). Ad occhio numero la magnitudine scende a 4.0 o inferiore.


Come è visibile dalla mappa del Nord Italia riportata qui sotto (fonte http://www.inquinamentoluminoso.it/), noi astrofili lombardi dovremo accontentarci di una magnitudine visuale pari a 4.75 – 5.25 (giallo, azzurro) ovvero massimo classe 6.0. La classe 5 in Lombardia è quindi ormai un sogno.

inquinamento luminoso - nord Italia

 Però queste mappe sono delle indicazioni teoriche. Infatti un astrofilo con un minimo di esperienza avrà sicuramente notato come l’inquinamento luminoso dipenda anche dalle condizioni atmosferiche (nebbie, …). Ecco quindi l’importanza della scala di Bortle che ci da indicazioni non teoriche ma empiriche della bontà del nostro cielo. Purtroppo però la descrizione data da J. Bortle è molto approssimata e l’unico vincolo oggettivo risulta essere la magnitudine visuale ad occhio nudo e/o al telescopio. Determinare però variazioni di magnitudine pari a 0.5 ad occhio nudo è molto difficile. Come fare allora?

Per fortuna viene in nostro aiuto un software potentissimo, gratuito e multi piattaforma (funziona su Linux, Windows e MacOS): Stellarium.

Installare stellarium è facilissimo, basta scaricare l’eseguibile dal sito http://www.stellarium.org/it/ cliccarvi sopra e seguire le istruzioni. Una volta installato cliccate sull’icona del programma in modo da aprire il planetario virtuale. A questo punto vi si apre un mondo nuovo in cui potrete simulare il cielo giorno per giorno, ora per ora, secondo per secondo da qualsiasi punto della Terra e da altri pianeti del Sistema Solare.

Per quanto concerne il nostro problema settate stellarium in modo da simulare in tempo reale il cielo che state osservando. A questo punto spostate il mouse a sinistra; vi appariranno una serie di icone. Cliccate su “Finestra delle opzioni del cielo e della visualizzazione” oppure semplicemente premete il tasto F4. Si aprirà una finestra di dialogo. Nella sezione “Atmosfera” del tab “Cielo” troverete la voce “Inquinamento luminoso”. Modificate il numero a lato in modo che il cielo simulato sia il più verosimile possibile a quello che state osservando. Quel numero è la classe della scala di Bortle.

Per gli abitanti del Nord Italia l’inquinamento luminoso è spesso anisotropo e concentrato soprattutto nella direzione dei grandi centri urbani (Milano e hinterland, Torino, …). Per questo è consigliabile stimare la scala di Bortle ai quattro punti cardinali e farne poi una media oppure, nel caso dell’astrofotografia, stimare la scala di Bortle nei dintorni dell’oggetto ripreso.




A5-80UMa (Alcor)

La stella 80 della costellazione dell’Orsa Maggiore è di tipo A5V e si trova a 81.7 A.L. dalla nostra stella. La sua massa così come il raggio è praticamente il doppio di quello del Sole. La temperatura effettiva è pari a circa 8’500 K e forma un sistema binario con una stella nana rossa di classe spettrale M3. Inoltre recentemente si è dimostrato che Alcor e la sua compagna formano un sistema legato con Mizar (ζUMa).

L’immagine in figura rappresenta lo spettro di 80UMa ripreso il giorno 03 maggio 2012 alle ore 23.07 (TMEC) da Briosco (MB) con un telescopio Newton SkyWatcher 200mm f/4 + reticolo di diffrazione StarAnalyser 100 + camera Magzero MZ-5m. Una prima analisi dello spettro di assorbimento mostra in modo marcato la presenza della serie di Balmer ed in particolare le linee dalla Hα alla Hη. Di seguito è riportato l’istogramma dellla regione di interesse. L’offset ottenuto tramite fit gaussiano è 16.4161 pixel.

Spettro di assorbimento non calibrato (Visual Spec)

A questo punto si è proceduto alla realizzazione dello spettro MAX-assorbimento al fine di semplificare le future operazioni di fit. Prendiamo in particolare in considerazione la regione dello spettro tra la linea Hβ ed il vicino UV (circa 400 nm) mostrata nella figura sottostante:

Spettro di 80UMa nella regione compresa tra 380 e 520 pixel

Effettuando un fit gaussiano sui picchi otteniamo:

  • 389.1 pixel = 3830.2 Å – linea Hη dell’HI (3835.0 Å)
  • 394.6 pixel = 3886.5 Å – linea Hζ dell’HI (3888.6 Å)
  • 402.7 pixel = 3968.9 Å – linea Hε dell’HI (3969.7 Å)
  • 415.6 pixel = 4102.1 Å – linea Hδ dell’HI (4101.3 Å)
  • intorno a 426 pixel – assorbimento anomalo (CaI 4227 Å?)
  • 439.0 pixel = 4342.0 Å – linea Hγ dell’HI (4340.0 Å)
  • intorno a 450 pixel – assorbimento anomalo (HeI 4471 Å )
  • 457.9 pixel = 4535.9 Å – linea da identificare
  • 467.4 pixel = 4632.9 Å – linea del FeII (4630 Å)
  • 489.9 pixel = 4864.2 – linea Hβ dell’HI (4860.8 Å)

Consideriamo ora la seconda parte dello spettro dalla linea Hβ dell’Idrogeno a 800 nm, mostrato nella figura sottostante:

Spettro di 80UMa nella regione compresa tra 500 e 800 pixel

Effettuando un fit gaussiano sui picchi otteniamo:

  • 512.2 pixel = 5092.5 Å – linea da identificare
  • 521.9 pixel = 5191.8 Å – linea del FeII (5197.6 Å)
  • 529.1 pixel = 5265.4 Å – linea da identificare
  • 535.7 pixel = 5333.1 Å – linea da identificare
  • 550.8 pixel = 5488.7 Å – linea da identificare (NiI 5476.9 Å?)
  • 560.3 pixel = 5585.6 Å – linea da identificare (OI 5577 Å o OV 5572 – 5598 Å da nebulose, FeI 5572.8 Å)
  • 581.8 pixel = 5806.2 Å – linea da identificare (HgI, banda tellurica O3, …?)
  • 590.3 pixel = 5893.8 Å – linea dell’NaI (5890 Å – 5896 Å)
  • intorno ai 615 pixel – assorbimento anomalo
  • 625.7 pixel = 6256.2 Å – linea da identificare
  • 655.0 pixel = 6557.6 – linea Hα dell’HI (6562.1 Å)
  • 686.3 pixel = 6878.5 Å – banda tellurica O2 (6884 Å)
  • 692.0 pixel = 6936.7 Å – linea da identificare
  • intorno ai 705 pixel – assorbimento anomalo
  • 707.6 pixel = 7096.3 Å – linea da identificare
  • 716.2 pixel = 7184.5 Å – banda tellurica H2O (7160 – 7400 Å)
  • 723.3 pixel = 7257.6 Å – banda tellurica H2O (7160 – 7400 Å)
  • 726.5 pixel = 7291.1 Å – banda tellurica H2O (7160 – 7400 Å)
  • 758.5 pixel = 7619.0 Å – banda tellurica O2 (7621 Å)
  • 772.0 pixel = 7757.5 Å – linea dell’OI (7771 Å)
  • 782.2 pixel = 7862.5 Å – linea da identificare
  • 790.2 pixel = 7944.2 Å – linea da identificare

Consideriamo infine la terza parte dello spettro da 800 nm a 1000 nm, mostrato nella figura sottostante:

Spettro di 80UMa nella regione compresa tra 500 e 1000 pixel

Effettuando un fit gaussiano sui picchi otteniamo:

  • 817.2 pixel = 8220.5 Å – linea limite di Paschen dell’HI (8204 Å)
  • da 820 a 850 pixel struttura di assorbimento complessa
  • 860.8 pixel = 8668.7 – linea del CaII (8662 Å)
  • 867.0 pixel = 8731.5 – linea da identificare
  • da 880 a 1000 struttura di assorbimento complessa



A1-βUMa (Merak)

La stella δ della costellazione del Leone è di tipo A4V e si trova a circa 58.4 A.L. dalla nostra stella. La sua massa così come il raggio è praticamente il doppio di quello del Sole. La temperatura effettiva è pari a 8’296 K e ruota su se stessa ad alta velocità (180 km/s).

L’immagine in figura rappresenta lo spettro di βUMa ripreso il giorno 03 maggio 2012 alle ore 22.30 (TMEC) da Briosco (MB) con un telescopio Newton SkyWatcher 200mm f/4 + reticolo di diffrazione StarAnalyser 100 + camera Magzero MZ-5m. Una prima analisi dello spettro di assorbimento mostra in modo marcato la presenza della serie di Balmer ed in particolare le linee dalla Hα alla Hη. Di seguito è riportato l’istogramma dellla regione di interesse. L’offset ottenuto tramite fit gaussiano è 21.9466 pixel.

Spettro di assorbimento non calibrato (Visual Spec)

A questo punto si è proceduto alla realizzazione dello spettro MAX-assorbimento al fine di semplificare le future operazioni di fit. Prendiamo in particolare in considerazione la regione dello spettro tra la linea Hβ ed il vicino UV (circa 400 nm) mostrata nella figura sottostante:

Spettro di βUMa nella regione compresa tra 380 e 520 pixel

Effettuando un fit gaussiano sui picchi otteniamo:

  • 394.2 pixel = 3825.8 Å – linea Hη dell’HI (3835.0 Å)
  • 399.6 pixel = 3880.8 Å – linea Hζ dell’HI (3888.6 Å)
  • 408.0 pixel = 3966.8 Å – linea Hε dell’HI (3969.7 Å)
  • 420.8 pixel = 4098.1 Å – linea Hδ dell’HI (4101.3 Å)
  • intorno ai 430 pixel – assorbimento anomalo (CaI 4227 Å?)
  • 444.3 pixel = 4339.4 Å – linea Hγ dell’HI (4340.0 Å)
  • intorno a 455 pixel – assorbimento anomalo (HeI 4471 Å )
  • 464.9 pixel = 4550.8 Å – linea da identificare
  • 473.0 pixel = 4633.8 Å – linea del FeII (4630 Å)
  • 485.2 pixel = 4759.1 Å – linea da identificare
  • 495.2 pixel = 4861.5 Å – linea Hβ dell’HI (4860.8 Å)

Consideriamo ora la seconda parte dello spettro dalla linea Hβ dell’Idrogeno a 800 nm, mostrato nella figura sottostante:

Spettro di βUMa nella regione compresa tra 500 e 800 pixel

Effettuando un fit gaussiano sui picchi otteniamo:

  • 528.9 pixel = 5206.8 Å – linea del FeII (5197.6 Å)
  • 534.3 pixel = 5262.9 Å – linea da identificare
  • 556.6 pixel = 5490.8 Å – linea da identificare (NiI 5476.9 Å?)
  • 566.8 pixel = 5595.9 Å – linea da identificare (OI 5577 Å o OV 5572 – 5598 Å da nebulose, FeI 5572.8 Å)
  • 586.6 pixel = 5799.2 Å – linea da identificare
  • 596.4 pixel = 5899.7 Å – linea dell’NaI (5890 Å – 5896 Å)
  • 632.0 pixel = 6265.0 Å – linea da identificare
  • 660.6 pixel = 6558.1 Å – linea Hα dell’HI (6562.1 Å)
  • intorno a 691 pixel – assorbimento anomalo (banda tellurica O2 6884 Å?)
  • 721.5 pixel = 7183.2 Å – banda tellurica H2O (7160 – 7400 Å)
  • 729.6 pixel = 7265.8 Å – banda tellurica H2O (7160 – 7400 Å)
  • 764.7 pixel = 7625.9 Å – banda tellurica O2 (7621 Å)
  • 777.2 pixel = 7754.1 Å – linea dell’OI (7771 Å)
  • 795.1 pixel = 7937.2 Å – linea da identificare

Consideriamo infine la terza parte dello spettro da 800 nm a 1000 nm, mostrato nella figura sottostante:

Spettro di βUMa nella regione compresa tra 500 e 1000 pixel

Effettuando un fit gaussiano sui picchi otteniamo:

  • 821.4 pixel = 8207.4 Å – linea limite di Paschen dell’HI (8204 Å)
  • 872.0 pixel = 8726.0 – linea da identificare
  • da 890 a 1000 pixel – struttura complessa di assorbimento



A4-δLeo (Zosma)

La stella δ della costellazione del Leone è di tipo A4V e si trova a circa 58.4 A.L. dalla nostra stella. La sua massa così come il raggio è praticamente il doppio di quello del Sole. La temperatura effettiva è pari a 8’296 K e ruota su se stessa ad alta velocità (180 km/s).

L’immagine in figura rappresenta lo spettro di δLeo ripreso il giorno 03 maggio 2012 alle ore 23.19 (TMEC) da Briosco (MB) con un telescopio Newton SkyWatcher 200mm f/4 + reticolo di diffrazione StarAnalyser 100 + camera Magzero MZ-5m. Una prima analisi dello spettro di assorbimento mostra in modo marcato la presenza della serie di Balmer ed in particolare le linee dalla Hα alla Hη. Di seguito è riportato l’istogramma dellla regione di interesse. L’offset ottenuto tramite fit gaussiano è 19.6350 pixel.

Spettro di assorbimento non calibrato (Visual Spec)

A questo punto si è proceduto alla realizzazione dello spettro MAX-assorbimento al fine di semplificare le future operazioni di fit. Prendiamo in particolare in considerazione la regione dello spettro tra la linea Hβ ed il vicino UV (circa 400 nm) mostrata nella figura sottostante:

Spettro di δLeo nella regione compresa tra 380 e 520 pixel

Effettuando un fit gaussiano sui picchi otteniamo:

  • 391.5 pixel = 3821.7 Å – linea Hη dell’HI (3835.0 Å)
  • 397.3 pixel = 3880.9 Å – linea Hζ dell’HI (3888.6 Å)
  • 405.4 pixel = 3964.4 Å – linea Hε dell’HI (3969.7 Å)
  • 418.4 pixel = 4097.5 Å – linea Hδ dell’HI (4101.3 Å)
  • intorno ai 430 pixel – assorbimento anomalo (CaI 4227 Å?)
  • 441.9 pixel = 4338.2 Å – linea Hγ dell’HI (4340.0 Å)
  • intorno a 452 pixel – assorbimento anomalo (HeI 4471 Å )
  • 460.1 pixel = 4524.7 Å – linea da identificare
  • 469.4 pixel = 4620.5 Å – linea del FeII (4630 Å)
  • 483.0 pixel = 4760.3 Å – linea da identificare
  • 493.0 pixel = 4862.0 Å – linea Hβ dell’HI (4860.8 Å)

Consideriamo ora la seconda parte dello spettro dalla linea Hβ dell’Idrogeno a 800 nm, mostrato nella figura sottostante:

Spettro di δLeo nella regione compresa tra 500 e 800 pixel

Effettuando un fit gaussiano sui picchi otteniamo:

  • 513.4 pixel = 5071.8 Å – linea da identificare
  • 527.1 pixel = 5212.0 Å – linea del FeII (5197.6 Å)
  • 531.7 pixel = 5259.7 Å – linea da identificare
  • 538.9 pixel = 5333.8 Å – linea da identificare
  • 552.2 pixel = 5469.7 Å – linea da identificare (NiI 5476.9 Å?)
  • 563.7 pixel = 5587.5 Å – linea da identificare (OI 5577 Å o OV 5572 – 5598 Å da nebulose, FeI 5572.8 Å)
  • 585.9 pixel = 5815.2 Å – linea da identificare (HgI, banda tellurica O3, …?)
  • 595.1 pixel = 5909.4 Å – linea dell’NaI (5890 Å – 5896 Å)
  • 622.0 pixel = 6185.4 – linea da identificare
  • 628.3 pixel = 6250.0 – linea da identificare
  • 658.5 pixel = 6559.9 Å – linea Hα dell’HI (6562.1 Å)
  • 690.0 pixel = 6883.4 Å – banda tellurica O2 (6884 Å)
  • intorno ai 705 pixel – assorbimento anomalo
  • 719.8 pixel = 7189.4 Å – banda tellurica H2O (7160 – 7400 Å)
  • 728.1 pixel = 7274.5 Å – banda tellurica H2O (7160 – 7400 Å)
  • 761.9 pixel = 7621.0 Å – banda tellurica O2 (7621 Å)
  • 775.6 pixel = 7760.9 Å – linea dell’OI (7771 Å)
  • 793.8 pixel = 7948.2 Å – linea da identificare

Consideriamo infine la terza parte dello spettro da 800 nm a 1000 nm, mostrato nella figura sottostante:

Spettro di δLeo nella regione compresa tra 500 e 1000 pixel

Effettuando un fit gaussiano sui picchi otteniamo:

  • 819.0 pixel = 8206.3 Å – linea limite di Paschen dell’HI (8204 Å)
  • 863.3 pixel = 8661.2 Å – linea del CaII (8662 Å)
  • 882.1 pixel = 8853.4 – linea da identificare
  • 896.3 pixel = 8999.7 – linea da identificare
  • intorno ai 910 pixel – assorbimento anomalo
  • intorno ai 930 pixel – assorbimento anomalo



A3-βLeo (Denebola)

La stella β della costellazione del Leone è di tipo A3V e si trova a circa 36 A.L. dalla nostra stella. La sua massa è praticamente il doppio di quello del Sole mentre il suo diametro tre mezzi. La temperatura effettiva è pari a 8’500 K e ruota su se stessa con una velocità di 20 km/s. Denebola è una stella variabile di tipo Delta Scuti.

L’immagine in figura rappresenta lo spettro di βLeo ripreso il giorno 03 maggio 2012 alle ore 23.14 (TMEC) da Briosco (MB) con un telescopio Newton SkyWatcher 200mm f/4 + reticolo di diffrazione StarAnalyser 100 + camera Magzero MZ-5m. Una prima analisi dello spettro di assorbimento mostra in modo marcato la presenza della serie di Balmer ed in particolare le linee dalla Hα alla Hη. Di seguito è riportato l’istogramma dellla regione di interesse. L’offset ottenuto tramite fit gaussiano è 24.3377 pixel.

Spettro di assorbimento non calibrato (Visual Spec)

A questo punto si è proceduto alla realizzazione dello spettro MAX-assorbimento al fine di semplificare le future operazioni di fit. Prendiamo in particolare in considerazione la regione dello spettro tra la linea Hβ ed il vicino UV (circa 400 nm) mostrata nella figura sottostante:

Spettro di βLeo nella regione compresa tra 380 e 520 pixel

Effettuando un fit gaussiano sui picchi otteniamo:

  •  396.4 pixel = 3823.0 Å – linea Hη dell’HI (3835.0 Å)
  • 401.8 pixel = 3879.1 Å – linea Hζ dell’HI (3888.6 Å)
  • 410.3 pixel = 3965.6 Å – linea Hε dell’HI (3969.7 Å)
  • 423.4 pixel = 4100.1 Å – linea Hδ dell’HI (4101.3 Å)
  • intorno ai 435 pixel – assorbimento anomalo (CaI 4227 Å?)
  • 446.8 pixel = 4340.8 Å – linea Hγ dell’HI (4340.0 Å)
  • 498.2 pixel = 4867.6 Å – linea Hβ dell’HI (4860.8 Å)

Consideriamo ora la seconda parte dello spettro dalla linea Hβ dell’Idrogeno a 800 nm, mostrato nella figura sottostante:

Spettro di βLeo nella regione compresa tra 500 e 800 pixel

Effettuando un fit gaussiano sui picchi otteniamo:

  • 532.7 pixel = 5221.4 Å – linea del FeII (5227.2 Å)
  • intorno ai 545 pixel – assorbimento anomalo (FeII 5316.6 Å?)
  • 558.9 pixel = 5490.3 Å – linea da identificare (NiI 5476.9 Å?)
  • 570.0 pixel = 5604.4 Å – linea da identificare
  • 591.1 pixel = 5821.0 Å – linea da identificare
  • 599.5 pixel = 5907.0 – linea dell’NaI (5890 Å – 5896 Å)
  • intorno ai 630 pixel – assorbimento anomalo
  • 663.7 pixel = 6564.9 Å – linea Hα dell’HI (6562.1 Å)
  • 694.9 pixel = 6885.1 Å – banda tellurica O2 (6884 Å)
  • 725.0 pixel = 7193.5 Å – banda tellurica H2O (7160 – 7400 Å)
  • intorno ai 735 pixel – assorbimento anomalo (banda tellurica H2O 7160 – 7400 Å?)
  • 767.0 pixel = 7625.2 – banda tellurica O2 (7621 Å)
  • 781.3 pixel = 7771.7 Å – linea dell’OI (7771 Å)
  • 797.1 pixel = 7934.1 Å – linea da identificare

Consideriamo infine la terza parte dello spettro da 800 nm a 1000 nm, mostrato nella figura sottostante:

Spettro di βLeo nella regione compresa tra 500 e 1000 pixel

Effettuando un fit gaussiano sui picchi otteniamo:

  • 824.5 pixel = 8214.6 Å – linea limite di Paschen dell’HI (8204 Å)
  • 836.1 pixel = 8334.0 Å – linea da identificare (probabilmente due vicine)
  • 856.0 pixel = 8537.7 Å – linea del CaII (8542 Å)
  • 869.0 pixel = 8671.3 Å – linea del CaII (8662 Å)
  • intorno ai 900 pixel – assorbimento anomalo
  • intorno ai 950 pixel – assorbimento anomalo



A1-αGem (Castore)

La stella α della costellazione dei Gemelli è di tipo A1V e si trova a circa 51 A.L. dalla nostra stella. La sua massa così come il suo raggio è praticamente il doppio di quello del Sole. La temperatura effettiva è pari a 10’286 K e ruota su se stessa con una velocità di 5.2 km/s. Castore in realtà forma un sistema doppio con Castore B di classe spettrale A2Vm. Castore A è a sua volta un sistema doppio formato da due stelle orbitanti a soli 3 milioni di km di distanza con un periodo di 9.21 giorni. Castore Ab è una stella nana di classe spettrale incerta.

L’immagine in figura rappresenta lo spettro di αGem ripresa il giorno 03 maggio 2012 alle ore 22.17 (TMEC) da Briosco (MB) con un telescopio Newton SkyWatcher 200mm f/4 + reticolo di diffrazione StarAnalyser 100 + camera Magzero MZ-5m. Una prima analisi dello spettro di assorbimento mostra in modo marcato la presenza della serie di Balmer ed in particolare le linee dalla Hα alla Hε. Di seguito è riportato l’istogramma dellla regione di interesse. L’offset ottenuto tramite fit gaussiano è 19.3740 pixel.

Spettro di assorbimento non calibrato (Visual Spec)

A questo punto si è proceduto alla realizzazione dello spettro MAX-assorbimento al fine di semplificare le future operazioni di fit. Prendiamo in particolare in considerazione la regione dello spettro tra la linea Hβ ed il vicino UV (circa 400 nm) mostrata nella figura sottostante:

Spettro di αGem nella regione compresa tra 380 e 520 pixel

Effettuando un fit gaussiano sui picchi otteniamo:

  • intorno ai 395 pixel – assorbimento anomalo (linea Hζ dell’HI 3888.6 Å)
  • 403.5 pixel = 3946.8 Å – linea Hε dell’HI (3969.7 Å) difficoltà nel fit.
  • 417.1 pixel = 4087.1 Å – linea Hδ dell’HI (4101.3 Å)
  • 441.1 pixel = 4333.3 Å – linea Hγ dell’HI (4340.0 Å)
  • intorno ai 470 pixel – assorbimento anomalo (HeI 4471 Å )
  • 492.2 pixel = 4856.9 – linea Hβ dell’HI (4860.8 Å)

Consideriamo ora la seconda parte dello spettro dalla linea Hβ dell’Idrogeno a 800 nm, mostrato nella figura sottostante:

Spettro di αGem nella regione compresa tra 500 e 800 pixel

Effettuando un fit gaussiano sui picchi otteniamo:

  • 526.0 pixel = 5203.8 Å – linea del FeII (5197.6 Å)
  • 552.2 pixel = 5472.0 Å – linea da identificare (NiI 5476.9 Å?)
  • 584.3 pixel = 5801.3 Å – linea da identificare (HgI, banda tellurica O3, …?)
  • 594.8 pixel = 5909.4 – linea dell’NaI (5890 Å – 5896 Å)
  • 629.7 pixel = 6267.8 – assorbimento anomalo
  • 658.5 pixel = 6562.8 Å – linea Hα dell’HI (6562.1 Å)
  • intorno ai 690 pixel – assorbimento anomalo (banda tellurica O2 6884 Å?)
  • 727.3 pixel = 7268.7 – banda tellurica H2O (7160 – 7400 Å)
  • 761.6 pixel = 7620.1 Å – banda tellurica O2 (7621 Å)

Consideriamo infine la terza parte dello spettro da 800 nm a 1000 nm, mostrato nella figura sottostante:

Spettro di αGem nella regione compresa tra 500 e 1000 pixel

Effettuando un fit gaussiano sui picchi otteniamo:

  • 818.5 pixel = 8204.1 Å – linea limite di Paschen dell’HI (8204 Å)
  • tra i 845 ed i 850 pixel – struttura di assorbimento complessa
  • 864.3 pixel = 8673.4 – linea del CaII (8662 Å)
  • intorno ad 894 pixel – assorbimento anomalo
  • intorno ai 930 pixel – assorbimento anomalo
  • 968.2 pixel = 9739.7 Å – linea da identificare difficoltà nel fit

Riportiamo di seguito la seconda campagna di misure effettuate da Briosco (MB) il 03/12/2012 alle 22.05 (TMEC) . Telescopio Newton SkyWatcher 200mm f/4 + reticolo di diffrazione StarAnalyser 100 + camera Magzero MZ-5m. In figura è mostrato lo spettro di assorbimento e successivamente le linee identificate e misurate. Non sono stati considerati assorbimenti anomali. Offset misurato 19.5704 pixel, massimo dello spettro a 5119.6 Å. Scarica il file di testo della misura.

Spettro di αGem tra 300 e 1200 pixel

Linee identificate:

  • 3894.7 Å
  • 3976.9 Å
  • 4107.5 Å
  • 4346.1 Å
  • 4867.0 Å
  • 5206.4 Å
  • 5498.8 Å
  • 5553.8 Å
  • 5601.3 Å
  • 5792.3 Å
  • 5900.8 Å
  • 6261.0 Å
  • 6551.6 Å
  • 7287.5 Å
  • 7604.9 Å

L’immagine visuale dello spettro elettromagnetico è riportata qui sotto.

Spettro di αGem ripreso il 03/12/2012