1

Elaborare gli Ammassi Globulari

Riprendere gli ammassi globulari può sembrare facile. Seppur di dimensioni angolari piuttosto ridotte (si consigliano almeno 1000 mm di focale) questi oggetti risultano infatti quasi sempre luminosi permettendo così l’utilizzo di bassi ISO. Anche dalla città, con l’ausilio di filtri anti-inquinamento luminoso e camere CCD è possibile ottenere ottimi risultati. Eppure, come sempre, la vita non è tutta rose e fiori. Specialmente il neofita otterrà immagini apparentemente belle finché non confrontate con quelle riprese dagli osservatori astronomici o da astrofotografi professionisti.

Il “trucco”, se così si può chiamare, esiste e consiste in piccoli accorgimenti da applicare sia durante la ripresa che durante la post produzione. Vediamo quindi come fare operativamente sul campo, prendendo come esempio l’ammasso globulare M3 ripreso al fuoco diretto di un telescopio RC8.

COME RIPRENDERE UN AMMASSO GLOBULARE

A differenza di molti altri oggetti celesti dove il tempo di esposizione va scelto in funzione del rapporto segnale/rumore presente al momento dello scatto, nel caso degli ammassi globulari è il livello di saturazione del vostro sensore a giocare un ruolo fondamentale. Infatti è inutile riprendere le stelle più deboli di un ammasso globulare se il suo nucleo risulterà bruciato. A patto di non utilizzare una doppia esposizione, vediamo come ottenere operativamente una corretta esposizione.

Iniziamo quindi con l’affrontare il problema ovvero evitare di bruciare il nucleo dell’ammasso. In particolare ricordiamo che le stelle del nucleo sono bruciate perché il numero di fotoni che hanno raggiunto i pixel di quella regione sono “troppi” ed hanno mandato in saturazione il sensore. La saturazione può essere così eccessiva che alcuni “fotoelettroni” possono passare ai pixel vicini con conseguente perdita di dettaglio. Pertanto, esponendo per le deboli stelle periferiche si otterrà un nucleo omogeneamente bianco dove le stelle non sono praticamente distinguibili.

Per fare ciò dobbiamo ridurre al minimo il numero di stelle saturate. Come fare ad individuarle dato che tutte le stelle in foto risultano praticamente bianche? Dato che l’occhio non si comporta più come un buon metro di misura, utilizziamo strumenti più efficaci e scientifici: l’istogramma o ancor meglio la funzione Threshold di IRIS. Aprite quindi l’immagine appena scattata con IRIS come mostrato in Figura 1, risulterà più o meno scura a seconda della posizione dei cursori presenti nel tool Threshold.

Figura1: l'immagine di M3 così come aperta in IRIS e regolata premendo sul tasto Auto del tool Threshold.

A questo punto zoomate sul nucleo e muovete il primo dei due cursori del tool Threshold verso destra finché le stelle al centro risulteranno distinte e non sature (vedi Figura 2). Spostatevi quindi sulle stelle più luminose e leggete i valori di RGB che appaiono in basso a destra di IRIS. Nel caso in esame avremo valori massimi intorno ai 15400 ADU inferiori seppur di poco ai 16384 ADU massimi dati dalla dinamica della nostra fotocamera (14 bit, Canon EOS 500D).

Figura 2: il nucleo di M3 risolto in stelle.

Nel caso in cui il livello di luminosità delle stelle più luminose sia proprio 16384, allora state sovraesponendo e quindi dovrete diminuire il tempo di esposizione o gli ISO. Se sul computer che utilizzate per l’acquisizione delle immagini notturne non avete IRIS, allora provate con un qualsiasi programma di elaborazione delle immagini tirando l’istogramma verso destra. Se alcune stelle risulteranno sovraesposte allora vuol dire che il tempo di esposizione o gli ISO che state utilizzando sono troppo elevati. Se avrete seguito questo semplice consiglio allora al termine della nottata avrete dei light frame (delle immagini) esposte correttamente e pronte per l’elaborazione. Immagini di ammassi globulari sovraesposti non sono più recuperabili in post produzione.

COME ELABORARE UN AMMASSO GLOBULARE

Oltre all’acquisizione delle immagini astronomiche, anche l’elaborazione gioca un ruolo importante al fine di ottenere un’ottima astrofoto. Per gli ammassi globulari procedete come al solito calibrando i light frame con bias, dark e flat ed infine mediate i light frame calibrati. Questo potrete farlo con IRIS o con qualsiasi altro programma dedicato. Fatto questo potete operare in due modi differenti:

DYNAMIC STRETCHING

Con IRIS potete ottenere una bella immagine del vostro ammasso globulare correttamente esposto andando sul menù view → Dynamic stretching. Si aprirà una finestra. Cliccate su auto nel tool Threshold e successivamente spostate i due cursori, uno dopo l’altro, del tool Dynamic stretching finché non avrete stelle periferiche e del nucleo correttamente esposti (vedi Figura 3).

Figura3: l'ammasso globulare M3 ben bilanciato grazie al dynamic stratching.

LE CURVE DI PHOTOSHOP CS

Elaboriamo in IRIS o in qualsiasi programma dedicato l’ammasso globulare in modo che il nucleo sia correttamente esposto (stelle non saturate). Infatti anche se l’immagine è stata ripresa correttamente, con le curve o il tool Threshold è possibile “bruciare” l’immagine in fase di elaborazione! Apriamo quindi l’immagine ottenuta con Photoshop CS. Premete quindi la combinazione di tasti CTRL+M e si aprirà il tool “curve”. A questo punto, di solito, aumentate la luminosità delle stelle più deboli spostando la curva in alto. In questo modo otterrete un’immagine dell’ammasso globulare con il nucleo completamente “bruciato”, come mostrato in Figura 4.

Figura4: Come solitamente si tirano le curve per oggetti deepsky.

Qui proponiamo invece di andare per piccoli passi come riportato in Figura 5 dove la curva viene alzata solo leggermente. Il processo può (deve) essere ripetuto per un numero elevato di volte a volte persino alcune decine. In questo modo si eviterà di bruciare la parte centrale dell’ammasso aumentando la luminosità delle stelle periferiche.

Figura5: i micropassi da seguire per evitare di bruciare il nucleo dell'ammasso globulare.

L’utilizzo delle curve dipende molto dall’immagine di partenza. Se il risultato non vi convince provate a modificare quest’ultima finché non otterrete il meglio dalla vostra foto.

In questo articolo abbiamo descritto i passi da percorrere per ottenere buone immagini di ammassi globulari. Per maggiori informazioni o ulteriori metodi di ripresa/elaborazione di tali ammassi contattateci all’indirizzo davide@astrotrezzi.it . Di seguito un’immagine che mostra la differenza tra una buona foto di M3 ed una sovraesposta (in ripresa o elaborazione).




Vedere i pianeti ad occhio nudo

Se non fosse per le fasi lunari e le strutture variabili del nostro Sole come le macchie o le protuberanze, l’Universo può apparire statico, dato che i tempi “evolutivi” del Cosmo sono ben più lunghi della vita di un essere umano. Il lettore potrebbe quindi pensare che dopo anni di osservazioni e di riprese fotografiche la vita dell’astrofilo sia destinata a diventare noiosa e poco stimolante. Eppure non tutte le “stelle” del cielo rimangono “fisse” nel corso dei mesi e degli anni; alcune si muovono percorrendo nel cielo lo stesso tragitto compiuto dal Sole e dalla Luna e noto come eclittica. Tali stelle presero in passato il nome di pianeti ovvero stelle erranti. Ecco quindi che i pianeti appaiono sotto tutti gli effetti come stelle e non solo: alcuni di essi rappresentano le “stelle” più luminose del cielo e quindi facilmente visibili ad occhio nudo anche da centri cittadini. Il movimento dei pianeti rispetto alle stelle fisse non è così veloce come uno potrebbe aspettarsi: nell’arco di un’intera notte è infatti difficile avvertirne lo spostamento. Tale moto diviene evidente solo con il passare dei giorni o dei mesi, specialmente se il pianeta si trova basso sull’orizzonte.
I pianeti più luminosi visibili da Terra sono Venere di colore bianco e Giove di colore giallo. A seguire Marte, di colore rosso mattone, che per motivi orbitali varia di molto la sua luminosità passando dall’essere una tra le stelle più luminose del cielo ad una stella di media luminosità. Mercurio, di colore arancione, è piuttosto luminoso ma essendo sempre vicino al Sole è difficile da distinguere tra le luci di alba e tramonto. Infine via via più deboli troviamo Saturno e Urano. Il primo di colore giallo ed il secondo, al limite della visibilità ad occhio nudo, di colore azzurro. Per osservare l’ultimo pianeta del Sistema Solare è invece necessario utilizzare un binocolo di medie dimensioni o un piccolo telescopio.
Tutti i pianeti ruotano intorno al Sole muovendosi su un piano che visto in sezione rappresenta l’eclittica. Rispetto all’orbita descritta dal nostro pianeta, è possibile distinguere tra pianeti interni ed esterni. I primi si trovano sempre tra noi ed il Sole e pertanto è impossibile osservarli nel cuore della notte. Questi inoltre potranno apparire in fase o transitare sul disco solare. I pianeti esterni d’altronde potranno essere visibili anche nel cuore della notte. Il punto di massima visibilità e di minima distanza dal nostro pianeta è quella in cui il pianeta esterno si trova allineato con la Terra ed il Sole. Tale condizione prende il nome di opposizione. I pianeti esterni non presenteranno quindi una fase visibile, mantenendosi sempre prossima al 100%, e soprattutto non potranno mai transitare sul disco solare. Ricordiamo infine che i pianeti interni sono Mercurio e Venere, mentre quelli esterni sono Marte, Giove, Saturno, Urano e Nettuno.

Come appare Saturno in un telescopio amatoriale.

I pianeti però non sono gli unici astri “erranti”. Esistono infatti corpi minori, e quindi meno luminosi, che si spostano tra le stelle fisse. Uno di questo venne addirittura ad occupare la posizione di pianeta fino al 24 Agosto del 2006: Plutone. Stiamo parlando di pianeti nani e asteroidi. I primi sono corpi celesti simili ai pianeti ma di piccole dimensioni, mentre i secondi sono corpi rocciosi di piccole dimensioni con orbita compresa tra quella di Marte e Giove. I pianeti nani classificati sino ad oggi sono cinque: Cerere, Plutone, Haumea, Makemake ed Eris. Gli asteroidi sono invece migliaia e spesso più che con un nome vengono identificati con una sigla.
Oggetti tanto misteriosi quanto affascinanti sono infine le comete, palle di neve sporca che per instabilità gravitazionali vengono a modificare la propria orbita “cadendo” verso le regioni interne del Sistema Solare. Quando si avvicinano al Sole ecco quindi che il ghiaccio sublima dando luogo a quella che è l’atmosfera cometaria: la chioma. Gas e polveri vengono così emessi nello spazio e conseguentemente spazzati via dal vento solare formando quella che è la coda cometaria. Ricordiamo che il 2013 sarà ricordato per gli abitanti dell’emisfero boreale come l’anno delle comete dato che ben tre comete luminose varcheranno i nostri cieli: la cometa PAN-STARRS, LEMMON ed ISON.  Quando il nostro pianeta, durante il suo moto di rivoluzione intorno al Sole, attraversa i detriti lasciati nello spazio dalle comete abbiamo il manifestarsi del fenomeno degli sciami meteorici. Quindi le meteore o “stelle cadenti” non sono altro che detriti di origine cosmica che, cadendo verso Terra, si “incendiano” emettendo luce. Se una meteora cade sino a sfiorare la superficie terrestre si parla di bolidi. I bolidi possono essere udibili anche a grandi distanti o persino creare danni al suolo. Quando una meteora infine si impatta sulla Terra viene denominata meteorite.
Concludiamo infine ricordando che oltre ai corpi celesti abbiamo i satelliti artificiali e la stazione spaziale internazionale (ISS) che appaiono in cielo come stelle luminose in moto tra le stelle fisse. Queste possono poi scomparire magicamente nel nulla quando passano attraverso il cono d’ombra generato dalla Terra. Alcuni satelliti invece possono ruotare su se stessi velocemente riflettendo come dei flash la luce del Sole. Tali flash che appaiono ad occhio nudo come dei bolidi sono chiamati iridium flash.
Non siete soddisfatti della vastità di oggetti da osservare e riprendere con le vostre fotocamere digitali che vi offre l’Universo? Allora ve ne aggiungiamo altri. Infatti, oltre ai corpi celesti “erranti” esistono altri che variano la loro luminosità nel tempo. Esempi sono le stelle variabiliche cambiano la loro luminosità passando dall’essere visibili ad occhio nudo ad essere faticosamente distinguibili con un binocolo. Il motivo di tale variazione di luminosità dipende dalla natura della stella (sistema doppio che si eclissa reciprocamente, stelle instabile, …).

Esempio di supernova esplosa nella galassia M65

Altri esempi sono le novae, ovvero stelle che per un certo periodo della loro vita vanno incontro a fenomeni esplosivi violenti in grado di aumentarne vertiginosamente la luminosità. Ultimo fenomeno transitorio è l’esplosione di supernova. In questo caso la luminosità della stella, giunta ormai al termine della propria vita, aumenta vertiginosamente, diventando così il corpo più luminoso dell’intera galassia che la ospita. L’esplosione di supernova è un fenomeno raro all’interno di una stessa galassia, ma considerando la quantità enorme di galassie alla portata dei telescopi amatoriali, scopriamo che ogni mese è possibile riprenderne almeno una (vedi Figura). Ben diverso è osservare una supernova all’interno della Via Lattea. L’ultima ad essere esplosa è la nota “stella di Keplero”, osservata nell’ormai lontano 9 Ottobre del 1604. Alcune delle nebulose che oggi osserviamo nel cielo sono resti di quelle imponenti esplosioni.




Vita e Morte delle Stelle

Seppur in quantità minore rispetto al Sole, anche la luce lunare viene diffusa dalla nostra atmosfera donando al cielo notturno una colorazione bluastra. Purtroppo a seguito dell’inquinamento luminoso questo fenomeno non è più osservabile da cieli urbani e suburbani dove la volta celeste appare perennemente di colore giallo-arancione.

Una stella risulta visibile a occhio nudo quando è distinguibile dal fondo cielo. Questo ovviamente nei limiti imposti dalla natura stessa dell’occhio umano. Quindi se il cielo aumenta la sua luminosità discostandosi dal colore nero, se ne deduce che il numero di stelle visibili ad occhio nudo tende mano a mano a diminuire. Il caso limite è ovviamente il cielo diurno dove la diffusione della luce solare cela all’occhio umano la visione di tutte le stelle presenti. Se pertanto vogliamo osservare un cielo ricco di stelle dobbiamo cercare un cielo buio che si traduce in basso inquinamento luminoso e assenza di Luna in cielo. Questo spiega perché gli astrofili osservano gli oggetti celesti prevalentemente in condizioni di Luna Nuova e perché gli Osservatori Astronomici aprono le loro porte al pubblico in Luna Piena.
È giunto quindi il momento di fare il grande balzo. Scegliete quindi il weekend più vicino alla Luna Nuova, prendete la vostra automobile e correte il più lontano dai centri cittadini. Dato che a diffondere la luce sono principalmente le particelle di acqua presenti in atmosfera, cercate un posto asciutto come i valichi alpini o le cime di colli. A questo punto, aspettate due ore circa dopo il tramonto in modo da dare il tempo al Sole di andare sufficientemente sotto l’orizzonte con la sua luce accecante e alzate gli occhi al cielo: ciò che vedrete sarà un’esperienza unica e indimenticabile. Le stelle in cielo saranno tantissime e le più luminose sembreranno cadervi in testa. Solo dopo una mezz’ora riuscirete ad orientarvi e a distinguere quelle poche stelle che avete imparato a riconoscere dai cieli inquinati di casa vostra.
Ora che avete cominciato a ritrovare le vostre stelle di guida, siete pronti per cominciare a navigare tra le stelle che inondano la volta celeste. Ma prima di fare ciò osservate con attenzione le stelle più luminose. Non sono tutte dei puntini bianchi. Alcune di esse avranno una colorazione più giallognola, alcune rosso mattone, altre azzurro chiaro. Le stelle assumono infatti colorazioni differenti a seconda della loro natura e del loro stato evolutivo. Purtroppo anche l’esperienza di osservare i colori delle stelle sta diventando un lontano ricordo per gli astrofili che vivono sotto cieli urbani o suburbani.
Quei puntini luminosi (ora potremmo dire anche colorati) che chiamiamo abitualmente stelle sono in realtà sfere di gas del tutto simili al nostro Sole, poste a distanze enormi da noi. Le dimensioni di questi “Soli” variano moltissimo passando da circa 20 km di diametro a 2600 volte il diametro del nostro Sole.
Ancora una volta le dimensioni di una stella dipendono dalla loro natura e dal loro stato evolutivo. Infatti, come gli esseri viventi, anche le stelle nascono, crescono e muoiono. Volendo semplificare e generalizzare l’evoluzione stellare potremmo affermare che, da una nube di gas primordiale, condensarono in un passato più o meno lontano una o più stelle, così come le gocce di pioggia condensano dalle nuvole. La forza di gravità responsabile di tale condensazione ha permesso alle regioni centrali della stella neonata di raggiungere temperature elevatissime in grado di innescare reazioni di fusione termonucleari. Saranno proprio queste ultime a permettere alla stella di non collassare ulteriormente e di brillare per miliardi di anni. In questa condizioni di stabilità si trova ad esempio ora il nostro Sole. Dopo miliardi di anni però il “combustibile nucleare” presente nel cuore della stella tende ad esaurirsi. Ecco quindi che con il venire meno delle reazioni di fusione termonucleare la stella ritorna in una fase di instabilità e a seconda della sua massa può procedere attraverso vie più o meno tormentose che la porteranno a liberarsi di quasi tutto il gas che la compone attraverso processi più o meno esplosivi. Il gas così liberato nello spazio prende il nome di nebulosa. Proprio in queste nebulose potranno successivamente nascere nuove stelle. Quando la stella libera il proprio gas in maniera non violenta, allora la nebulosa assume una forma sostanzialmente sferica e si parla di nebulose planetarie (vedi Figura).

Nebulosa planetaria nella costellazione della Volpetta

Il nostro Sole finirà la propria esistenza generando una nebulosa planetaria. Il nome “planetario” deriva dal fatto che in passato, quando la qualità ottica dei telescopi era piuttosto bassa, queste nebulose venivano confuse con dischi planetari.
Seppur deboli rispetto alle stelle, le nebulose sono visibili sia ad occhio nudo che ovviamente attraverso binocoli o telescopi. Come detto in precedenza, da una nube primordiale possono nascere più stelle contemporaneamente che pertanto appariranno in cielo in forma di gruppi, per poi dissolversi nel corso di miliardi di anni. Tali gruppi di stelle, alcuni dei quali visibili facilmente ad occhio nudo, prendono il nome di ammassi aperti.
La distanza tra una stella e l’altra dell’ammasso è però molto grande tanto da ritenere le stelle come sistemi indipendenti. Altre volte però due o più stelle possono trovarsi così vicine da cominciare a ruotare le une intorno alle altre. In questo caso si parla di sistemi multipli a possono essere osservate con piccoli telescopi. Quando le stelle del sistema sono solo due si parla di stelle doppie. Ovviamente due stelle molto vicine in cielo non è detto che siano legate fisicamente. Infatti potrebbe essere solo un allineamento prospettico tra stelle molto lontane tra loro. In questo caso si parla di stelle doppie prospettiche. Una stella doppia prospettica assai nota è la coppia Alcor e Mizar che costituisce una delle sette stelle dell’Orsa Maggiore.
Ma le stelle sono distribuite uniformemente nella volta celeste? Se la osservate in primavera la risposta sembrerebbe essere si, ma osservando il cielo notturno in tutte le altre stagioni osserverete una striscia lattiginosa attraversare il cielo. Proprio in questa striscia troverete il maggior numero di nebulose ed ammassi aperti visibili ad occhio nudo. Si chiama Via Lattea è rappresenta una vera e propria “nube” di stelle. Se infatti prendete un binocolo e percorrete la Via Lattea scoprirete che quella macchia lattiginosa non è altro che una distesa quasi infinita di stelle. In realtà tutte le stelle visibili di notte ed il nostro stesso Sole appartengono a questo vastissimo insieme di stelle che chiamiamo Galassia.
Se ora guardiamo nel cielo più profondo è possibile osservare altri insiemi di stelle del tutto simili alla nostra Galassia. Sono le galassie (con la “g” minuscola) di cui la più vicina, nota come galassia di Andromeda, è visibile persino ad occhio nudo da cieli particolarmente bui.
Scopo di questo post è di dare al lettore la terminologia astronomica necessaria per comprendere i soggetti di future riprese astrofotografiche. Non è nostro scopo dare una descrizione completa di tali corpi e fenomeni celesti. Il lettore interessato potrà trovare tali informazioni in qualsiasi libro di Astronomia.




Luna e Sole

Potremmo affermare che tra tutti i corpi celesti, la Luna e il Sole sono quelli più noti anche tra quelle persone non appassionate di Astronomia. In passato erano importantissimi, dato che con il loro moto, determinavano il passaggio del tempo. Il Sole è la stella più vicina alla Terra e questo fa si che essa appaia come l’oggetto più luminoso del cielo. La sua luminosità è così elevata che la luce solare viene diffusa dall’atmosfera terrestre che pertanto si illumina coprendo così la luce delle altre stelle. Questo è il motivo per cui di giorno non riusciamo ad osservare nessun corpo celeste ad eccezione della Luna, del pianeta Venere e di eventuali fenomeni transienti come comete, meteore o esplosioni di supernovae. Grazie all’ausilio di filtri specializzati è possibile osservare una regione della nostra stella nota come fotosfera, che potremmo definire come la “superficie” del Sole. Questa appare come una superficie luminosa uniforme, solcata a volte da macchie scure e filamenti brillanti. Le prime sono note come macchie solari e rappresentano delle regioni più fredde della fotosfera. Queste prendono parte alla rotazione solare e evolvono nel tempo modificando continuamente la loro forma e dimensione. Il Sole presenta dei periodi in cui è ricco di macchie solari, alternati a periodi di apparente quiescenza. Tali periodi prendono rispettivamente il nome di massimo e minimo solare. La distanza temporale tra due massimi solari è nota come ciclo solare ed è pari a circa 11 anni. Le regioni più brillanti della fotosfera sono le facole e in contrapposizione alle macchie solari sono regioni particolarmente calde. Grazie a particolari telescopi, noti come telescopi solari H-alfa, è possibile osservare la regione sovrastante la fotosfera, nota come cromosfera. La cromosfera potremmo interpretarla come “l’atmosfera solare”. Le strutture più evidenti della cromosfera sono le protuberanze solari; immensi getti di gas e plasma che raggiungono spesso dimensioni enormi pari a parecchie volte il diametro dell’intera Terra. La cromosfera è visibile, insieme alla regione ancor più esterna costituita da gas rarefatto e nota con il nome di corona, durante le eclissi totali di Sole.

Eclissi Totale di Sole - 11/08/1999. Dall'immagine è ben visibile la corona solare.

Durante questi fenomeni visibili da Terra, la Luna si interpone tra il Sole e il nostro pianeta, oscurando così la luce della fotosfera e rendendo visibile la cromosfera. Quando la sovrapposizione non è perfetta e la Luna non riesce a coprire perfettamente il Sole allora si parla di eclissi anulare.
La Luna appare vista dal Terra delle stesse dimensioni angolari del Sole. Questo è dovuto al fatto che il diametro della nostra stella sia circa 400 volte quello lunare e, nello stesso tempo, la Luna sia 400 volte più vicina alla Terra. Condizione fortuita ma che permette il manifestarsi delle eclissi totali così come le conosciamo. La Luna è il nostro unico satellite naturale e ruota intorno a noi, così come su se stessa, con un periodo di circa un mese. Conseguenza di questo sincronismo tra periodo di rivoluzione e rotazione è che la Luna mostra a noi terrestri sempre la stessa faccia. Malgrado questo, a causa del moto di rivoluzione intorno alla Terra, la Luna presenta le fasi. Quando la Luna è completamente illuminata dal Sole si parla di Luna Piena, quando è illuminata per metà Luna al Primo o Ultimo Quarto infine quando non è illuminata e quindi invisibile tra le luci del giorno si dice essere Luna Nuova. Se, durante la fase di Luna Piena, il nostro satellite viene completamente oscurato dal cono d’ombra terrestre, allora si manifesta un’eclissi totale di Luna. Potrete ben capire che le eclissi di Sole avvengono unicamente in Luna Nuova, quando il nostro satellite si trova tra noi ed il Sole. Ingrandendo il disco lunare attraverso un semplice binocolo, teleobiettivo o telescopio è possibile notare alcune conformazioni tipiche quali crateri da impatto, pianure note anche come mari lunari, vallate o catene montuose. Come per la durata del giorno, anche il periodo tra due Lune Piene non è esattamente 27 giorni 7 ore e 42 minuti ovvero il periodo di rivoluzione della Luna detto mese siderale ma 29 giorni 12 ore e 44 minuti a seguito del moto della stella intorno al Sole. Quest’ultimo periodo è detto mese sinodico.




Virgo (versione 0.1) – 18/06/2013

INTRODUZIONE

VIRGO è un’applicazione JAVA sviluppata nell’ambito del progetto “Constellation” di ASTROtrezzi.it. Scopo del programma è calcolare il tempo di esposizione corretto per un’immagine astronomica ripresa con cavalletto, reflex digitale e obiettivo. Dal punto di vista matematico, il tempo di esposizione t, espresso in secondi, è determinato a partire dalla seguente equazione:

t [sec] = k1 x k2 x d [μm] / F [mm]

dove k1 è una costante che vale 14 per stelle sull’equatore celeste, 20 per stelle a +/- 45° di declinazione e 28 per stelle a declinazioni superiori. k2 è un’altra costante che vale 1.5 per avere riprese con stelle puntiformi, 4 per avere stelle leggermente allungate e 6 per avere stelle appena accettabili. d infine è la dimensione in micrometri dei pixel della camera utilizzata ed F la focale in mm dell’obiettivo. Questa equazione è stata implementata in VIRGO v. 0.1 dove k1, invece di essere una funzione discontinua è stata parametrizzata con una parabola di equazione 14  + 0,1*Dec. (gradi) + 0,00049*Dec. (gradi)^2. In questo modo è possibile dare una stima più precisa di k1 in funzione dell declinazione dell’oggetto da riprendere. Per aiutare l’utente in VIRGO v. 0.1 è stata inserita una lista di fotocamere digitali (Canon EOS e Nikon) in modo da lasciare al programma la determinazione della dimensione dei pixel in micrometri. Nel caso in cui la vostra fotocamera non fosse presente nella lista, consigliamo di mandare un mail a davide@astrotrezzi.it . Questa verrà implementata nella release successiva del programma. Dato che VIRGO è stato pensato come un’utility per riprese a medio/grande campo, abbiamo inserito nella versione 0.1 la lista di tutte le costellazioni del cielo. In questo modo, il parametro k1 verrà calcolato automaticamente, prescindendo dalla conoscenza della declinazione media della costellazione in esame. All’utente non rimane quindi che conoscere la lunghezza focale del proprio obiettivo espressa in mm ed inserirla nel programma.

INSTALLAZIONE

Il programma VIRGO v.0.1 è compatibile con MacOSX, Linux e Windows. VIRGO richiede solo l’installazione di JAVA 7 (http://www.java.com/it/download/manual.jsp). Per verificare se JAVA è già presente sul vostro computer andate alla pagina di test http://www.java.com/it/download/testjava.jsp . Scaricate quindi il file virgo_01.jar dal link che trovate di seguito, copiatelo in una cartella qualsiasi del vostro computer (consigliamo la cartella Documenti) e quindi cliccateci sopra due volte per lanciarlo.

GUIDA ALL’UTILIZZO

VIRGO v. 0.1 è stato sviluppato unicamente in lingua italiana. Cliccate due volte sul file virgo_01.jar per lanciarlo. Si aprirà la schermata di VIRGO come mostrato qui sotto:

Schermata di VIRGO (su Windows7)

A questo punto cliccate sulla freccetta rivolta verso il basso nel menù a tendina Modello Fotocamera. Si aprirà una lista di DSLR, selezionate il vostro modello cliccandoci sopra. Se la vostra fotocamera non è presente nella lista, inviate un mail a davide@astrotrezzi.it . Questa verrà implementata nella release successiva del programma. Successivamente digitate la lunghezza focale del vostro obiettivo. Se utilizzate obiettivi a focale fissa allora la Focale Obiettivo corrisponde al numero riportato sull’obiettivo (ad esempio 8mm, 50mm, 300mm…). Se invece utilizzate uno zoom allora il numero da inserire in Focale Obiettivo è la lunghezza focale d’utilizzo che la leggete sulla ghiera (o sul tubo ottico) del vostro zoom. Ovviamente, se ad esempio possedete uno zoom 70-300 mm, la Focale Obiettivo sarà un numero compreso tra 70mm e 300mm.  Ora spostatevi nel campo Costellazione e cliccate sulla freccia rivolta verso il basso nel menù a tendina Costellazione. Apparirà una lista di tutte le costellazioni del cielo (boreale ed australe). Cliccate sulla costellazione da riprendere o sulla costellazione che contiene l’oggetto che volete riprendere. Per il calcolo di k1 verrà considerata la declinazione media della costellazione. A questo punto non vi resta che spuntare la qualità della vostra ripresa astronomica, ovvero se volete stelle puntiformi, oblunghe o leggermente mosse. Fatto questo cliccate su Calcola e nel campo Tempo di esposizione apparirà il temo di esposizione espresso in secondi. A questo punto potete o cliccare su Reset o su Esci o su Salva. Nel primo caso ritornerete alla situazione iniziale, con tutti i campi resettati. Nel secondo caso uscirete dal programma VIRGO. Nell’ultimo caso verrà creato un file di nome virgo.txt nella stessa cartella dove è contenuto il programma. Nel file virgo.txt troverete un riassunto del calcolo appena svolto. In questo modo potete fare una lista di tempi di esposizioni a seconda dei vari oggetti da riprendere o di obiettivi da utilizzare da portare con voi sul campo.

Esempio di calcolo del tempo di esposizione effettuato con VIRGO (su Windows7). In questo caso vogliamo fotografare con un obiettivo di 70 mm di focale montato su Canon EOS 700D la costellazione dell’Auriga ottenendo stelle oblunghe. Tale risultato può essere ottenuto esponendo per un tempo t pari a 4.8 secondi.

Riportiamo a titolo d’esempio quanto riportato nel file virgo.txt per l’esempio in figura:

Camera: Canon EOS 700D – focale obiettivo: 70.0 mm – costellazione: Auriga –

tempo di esposizione: 4.8012576 sec ### stelle oblunghe


DISTRIBUZIONE E SVILUPPO

VIRGO è un programma open source completamente gratuito. Malgrado questo è vietata la distribuzione se non autorizzata dall’autore. Tale autorizzazione può essere richiesta inviando un e-mail all’indirizzo davide@astrotrezzi.it . E’ possibile scaricare il sorgente direttamente da questo sito (vedi sezione DOWNLOAD). Per partecipare allo sviluppo di VIRGO e degli altri applicativi di Constellation inviate un mail a ricerca@astrotrezzi.it . Matteo Manzoni, collaboratore di ASTROtrezzi, ha sviluppato VIRGO per dispositivi mobili con sistema operativo Android. La versione 1.1 (17/03/2014), sorgente e applicativo, è disponibile nella sezione download.

DOWNLOAD

Di seguito riportiamo il link per scaricare il programma VIRGO v. 0.1 ed il sorgente per sviluppatori:

  • VIRGO versione 0.1 : programma (JAR) , sorgente per sviluppatori (ZIP)
  • VIRGO per smartphone versione 1.1: programma (APK), sorgente per sviluppatori (ZIP)

 

 

 




E pur si muove!

Nel post “La volta celeste da cieli urbani e suburbani” abbiamo posto le basi necessarie per individuare i quattro punti cardinali e in particolare la posizione della stella Polare. Ciò, abbiamo detto, è particolarmente semplice nei mesi compresi tra Marzo e Giugno, ossia quando la costellazione dell’Orsa Maggiore è alta sopra l’orizzonte. Quest’ultima frase sottende il fatto che le costellazioni in cielo si muovono. Questo moto non coinvolge le singole stelle ma la volta celeste nel suo complesso, lasciando pertanto invariata la forma delle costellazioni.

Infatti è possibile notare come durante la notte tutte le stelle, fisse nella loro reciproca posizione relativa, sembrano ruotare da est verso ovest tracciando delle circonferenze intorno alla stella Polare ed intorno ad un punto posto sotto l’orizzonte a sud come mostrato in figura.

Figura 1: A sinistra è visibile il moto relativo delle stelle intorno al polo celeste (nord). A destra invece è possibile notare come le stelle più basse a sud incominciano a ruotare intorno all'altro polo celeste (sud)

In realtà questo effetto è una diretta conseguenza del fatto che la Terra ruota su se stessa. Esistono quindi solo due punti nel cielo che non partecipano al moto della volta celeste ovvero quelli che giacciono esattamente sull’asse di rotazione terrestre. Questi punti a seconda che si trovano sopra il polo nord o sud terrestre prendono rispettivamente il nome di polo celeste nord e polo celeste sud. La stella Polare si trova a pochissima distanza dal polo celeste nord e questo spiega perché è l’unica stella che dalle nostre latitudini non cambia mai la sua posizione nel cielo. Purtroppo non esiste una stella luminosa nei pressi del polo celeste sud e questo fa si che, in termini di orientamento il nostro emisfero (boreale) sia sicuramente avvantaggiato rispetto all’altro (australe).

Visto dallo spazio i poli celesti si trovano esattamente sopra i rispettivi poli terrestri. Pertanto un osservatore posto a una latitudine λsulla superficie terrestre osserverà il polo celeste a un’altezza λ (in gradi) sopra l’orizzonte. Per gli astrofili e astrofotografi Italiani quindi la stella Polare si troverà ad un’ altezza compresa tra 35° (Lampedusa) e 47° (Alto Adige) dall’orizzonte nord.

Riassumendo, nel corso della notte, tutta la volta celeste e quindi le stelle, sembrano ruotare rigidamente in senso antiorario intorno ad un unico punto fisso identificato nel nostro emisfero dalla stella Polare. Questo è lo stesso moto che ogni giorno percorrono il Sole, la Luna e tutti i corpi del Sistema Solare. Se ora supponiamo di registrare la posizione di una stella a una determinata ora della notte allora, dopo una rotazione completa della Terra intorno al suo asse, ovvero dopo un giorno, questa dovrebbe trovarsi nella stessa identica posizione. Questo sarebbe vero solo se la Terra non partecipasse al moto di rivoluzione intorno al Sole. Il moto di rivoluzione intorno al Sole fa si che al normale moto di rotazione terrestre si debba aggiungere un moto di rotazione “fittizio” di periodo 365 giorni 6 ore 9 minuti e 10 secondi (anno siderale). Ecco quindi che una stella si troverà nello stesso punto del cielo non dopo 23 ore 56 minuti e 4 secondi, noto come giorno siderale ma dopo circa 24 ore noto come giorno solare vero. In realtà a seguito dell’orbita non perfettamente circolare della Terra e dell’angolo di inclinazione del pianeta rispetto al piano orbitale, il giorno solare vero varia durante l’anno con un minimo di 23 ore 59 minuti e 39 secondi a cavallo del 17 Settembre ed un massimo di 24 ore 0 minuti e 30 secondi a cavallo del 24 Dicembre. Per tale motivo spesso si preferisce usare il giorno solare medio pari a 24 ore esatte.

In questo post abbiamo scoperto quali sono le caratteristiche del moto relativo della volta celeste e l’importanza che la stella Polare ricopre per l’emisfero boreale.




La volta celeste da cieli urbani e suburbani

Soffermarsi ad ammirare un cielo stellato rilassandosi sotto di esso, magari immersi in un fresco prato estivo è un’esperienza fantastica. Ma da questa a sapersi orientare tra quei puntini luminosi vi è un abisso. Abisso che spesso appare profondo e impenetrabile.

I più caparbi solitamente acquistano libri di Astronomia per neofiti pensando di trovarvici la chiave di lettura, la bussola necessaria per orientarsi nel cielo notturno. Eppure sfogliando le mappe celesti non si riesce, almeno le prime volte, a trovare un riscontro con le stelle che vediamo scrutando dalle finestre di casa. Ecco quindi che se non si hanno amici astrofili ci si sente smarriti. In questo post non riporteremo mappe celesti o informazioni generiche ma cercheremo di dare le informazioni necessari per interpretare con la giusta chiave di lettura i libri di introduzione all’Astronomia che trovate in libreria o su ebook.

Cominciamo con il dire che le mappe celesti che trovate nei libri riportano le stelle visibili ad occhio nudo da un cielo a medio-basso inquinamento luminoso. Oggi è possibile ritrovarsi in tali condizioni salendo in montagna o allontanandosi il più possibile da centri abitati. La prima condizione è fondamentale per gli abitanti della Pianura Padana al fine di evitare la presenza di nebbia o foschia che inevitabilmente attenua la luce delle stelle e diffonde la luce artificiale delle città. Sono infatti tali luci, spesso non necessarie o mal progettate, a generare quel bagliore luminescente noto come inquinamento luminoso che va a nascondere la tenue luce delle stelle.

Per imparare ad osservare il cielo notturno con i tradizionali libri di Astronomia è pertanto necessario allontanarsi da casa. Questa condizione sfortunata è purtroppo esperienza comune per la maggior parte degli Italiani che vivono in regioni urbane o suburbane. Inoltre, al fine di comprendere i moti relativi della volta celeste il cielo notturno deve essere osservato con continuità. Questo rende all’apparenza inutile ai fini pratici qualsiasi libro di Astronomia oggi in commercio.

Vediamo quindi di imparare a nuotare nei nostri cieli inquinati per poi tuffarci, i fine settimana, nelle profondità di cieli bui trapuntati da miriadi di stelle.

Cominciamo quindi con il considerare le notti di cielo sereno, senza eccessiva nebbia o foschia. In questa fase di apprendimento sono ideali le notti ventose, capaci di abbassare l’umidità e rendere il cielo particolarmente trasparente.

L’ideale è cominciare ad osservare il cielo in assenza di Luna. Il bagliore del nostro satellite naturale infatti va a peggiorare la qualità della nostra osservazione. Per lo stesso motivo attendete due ore dopo il tramonto in modo che le luci del tramonto abbiano ormai lasciato il passo alla notte. Ovviamente d’estate vi toccherà rimanere svegli più a lungo.

Siete quasi pronti per iniziare il vostro primo viaggio; vi rimane però ancora una cosa da fare: osservare il Sole. Mi chiederete che senso ha osservare il Sole per orientarsi di notte, ma presto lo scoprirete da soli.

Osservate così il moto del Sole durante il giorno da casa vostra, individuando il punto dove sorge al mattino e dove tramonta la sera. Non serve una determinazione precisa, basta solo localizzare l’area di cielo relativa ad alba e tramonto.

A questo punto avete già imparato un concetto astronomico importante: la regione di cielo dove sorge il Sole è l’est. La regione di cielo dove tramonta il Sole è l’ovest. Avrete sicuramente notato come est ed ovest si trovino in punti diametralmente opposti del cielo. A questo punto indicate con il braccio sinistro l’est e con il braccio destro l’ovest. La regione di cielo di fronte a voi è il sud. Alle vostre spalle non vi rimane che il nord. Osservando il moto diurno del Sole sarete così riusciti ad individuare i quattro punti cardinali.

Scegliamo ora una serata di cielo sereno nel periodo dell’anno compreso tra Marzo e Giugno e puntiamo il nostro sguardo verso nord. Dovremmo individuare sette stelle molto luminose, alte sull’orizzonte (praticamente sopra la nostra testa nel mese di Maggio), la cui disposizione oltre ai nomi delle singole stelle è riportata in Figura 1.

Figura 1: la costellazione dell'Orsa Maggiore (immagine ottenuta con il programma Stellarium)

Tale agglomerato di stelle, d’ora in poi parleremo di costellazione, è noto come Orsa Maggiore. A questo punto tracciamo una linea immaginaria tra le stelle Merak e Dubhe. Muoviamoci così lungo questa linea nella direzione indicata dalle stelle Alioth, Mizar e Alkaid. La prima stella luminosa che troveremo è la stella Polare.

Se sino a questo punto avete fatto tutto correttamente, la stella polare dovrebbe trovarsi esattamente nella regione di cielo che voi avete identificato come nord.

Questa stella è molto importante perché, mentre la costellazione dell’Orsa Maggiore si muoverà notte dopo notte e nel corso stesso della notte, la Polare non si sposta mai.

Primo passo da fare per navigare tra le stelle è quella di cercare la stella Polare. Per fare questo dovrete innanzitutto cercare nel cielo l’Orsa Maggiore che si trova alta nel cielo solo nei mesi compresi tra Marzo e Giugno. Trovata la stella polare, indicatela con il braccio destro. Il braccio sinistro indicherà così il sud, di fronte a voi avrete l’ovest e alle vostre spalle l’est. Individuata la stella Polare siete così in grado di riconoscere i quattro punti cardinali senza dover osservare il moto del Sole per un’intera giornata.

Perché non usare una bussola? Il motivo principale è che utilizzando la stella Polare cominciate ad avere un contatto con il cielo ed a stimare le dimensioni di una costellazioni (alcuni confondono le Pleiadi con la costellazione dell’Orsa Minore). Inoltre gran parte delle bussole economiche non segnano mai il nord.

Come procedere ora? A questo punto dovrete prendere una mappa del cielo o utilizzare software gratuiti come Stellarium. Posizionate il punto cardinale della mappa o della simulazione virtuale in modo che sia di fronte a voi. Alzate gli occhi al cielo e cercate di individuare le costellazioni presenti utilizzando come metro la costellazione dell’Orsa Maggiore. Ovviamente dai cieli di casa vostra non riuscirete mai a vedere tutte le stelle riportate nelle mappe astronomiche. Cominciate con le costellazioni più appariscenti che nei mesi compresi tra Marzo e Giugno sono: Leone, Gemelli, Boote e la Lira. Di queste dovreste individuare quasi tutte le stelle principali. Dopodiché provate a trovare tutte le altre costellazioni che potrebbero però apparire prive di qualche stella nascosta tra le luci dell’inquinamento luminoso.

Divertitevi quindi cercando, notte dopo notte, di ricostruire la mappa del cielo visibile da casa vostra. Se vi imbattete in qualche stella molto luminosa che però non appare nelle vostre mappe astronomiche non vi preoccupate: è un pianeta. Avete così quattro mesi per imparare ad individuare le costellazioni dopodiché l’Orsa Maggiore non sarà più visibile e dovrete quindi utilizzare le costellazioni studiate in questo periodo per ritrovare il nord e la stella Polare.

Quando vi sentirete pronti a fare il grande balzo prendete l’automobile e andate lontano dalle città sotto un cielo buio. In queste condizioni le costellazioni appariranno ben visibili in cielo in tutte le loro parti e la prima impressione sarà quella di un completo smarrimento. Le prime volte non riuscirete persino a ritrovare la costellazione dell’Orsa Maggiore, persa tra migliaia di stelle.

Siete ormai pronti per navigare in mare aperto. Buon viaggio!




Guida pratica all’astrofotografia digitale

GUIDA PRATICA ALL’ASTROFOTOGRAFIA DIGITALE (*****)
Lorenzo Comolli – Daniele Cipollina
Gruppo B Editore, ISBN 978-88-95650-33-3, 2011, prezzo 26.00 €

“Guida pratica all’astrofotografia digitale” è oggi il miglior libro di astrofotografia presente sul mercato italiano. Le prima due parole del titolo riassumono le caratteristiche peculiari di questo libro. Prima di tutto infatti questo è una guida per tutti gli astrofotografi. Qui infatti troverete informazioni dettagliate sul funzionamento delle reflex digitali (DSLR) e dei CCD astronomici nonché tutto quello che bisogna conoscere al fine di effettuare degli scatti astronomici.

A mio avviso è una guida realmente adatta a tutti. Prova ne è il fatto che al neofita questo libro apparirà complicato al punto giusto mentre l’esperto ritroverà tra le pagine i concetti a lui noti ma spiegati con estrema semplicità e chiarezza.

Ma “Guida pratica all’astrofotografia digitale” non è una banale guida ma è una guida pratica. Questa è una caratteristica difficile da trovare in un libro di astrofotografia!

In particolare gli autori conducono il lettore mano nella mano (o meglio mano sul mouse) tra i labirinti di programmi quale Maxim DL o Photoshop. A differenza di quanto si trova spesso nei forum di astrofotografia L. Comolli e D. Cipollina non si limitano a dare consigli ma indicano parametri e valori da attribuire alle varie funzionalità presenti nei più comuni software astronomici nonché schemi per la costruzione artigianale di alcune utility quali flat box, alimentatori 12V per Canon e molto altro ancora.

Questa guida è quanto di più utile e completo si possa trovare sul mercato, tuttavia qualche piccola critica si rende necessaria. Prima di tutto è l’utilizzo di software proprietario come Maxim DL e Photoshop il cui costo è veramente elevato, spesso fuori dalla portata economica di un neofita. Sarebbe stato meglio l’utilizzo di programmi opensource, multi-piattaforma e gratuiti come IRIS e Gimp ma, come dicono in un passo del libro gli stessi autori: “il miglior programma per l’astrofotografia è, a parità di prestazioni, quello che si sa usare meglio” e quindi giustamente si sono limitati a trattare il software che loro abitualmente utilizzano per l’elaborazione delle immagini astronomiche. Anche i plug-in per Photoshop riportati nel libro sono spesso a pagamento, ma in questo caso il loro costo è contenuto.

Seconda nota negativa potrebbe essere l’invecchiamento del testo. Infatti tra qualche anno i software cambieranno e la parte pratica di questa guida rischia di diventare obsoleta. In ogni caso il tempo di invecchiamento rimane comunque lungo dato che, ad esempio, le funzionalità di Photoshop sono più o meno le stesse da ormai più di 10 anni.

A chi consigliare quindi questo libro? A tutti, dall’astrofotografo neofita all’esperto. Si tratta di uno di quei testi che un astrofotografo (ed un gruppo di astrofili) non può non avere nella propria libreria.

Cosa aspettarsi dal futuro? Potrebbero nascere due libri satelliti di questa ottima guida pratica: uno dedicato al neofita, più semplice e capace di guidare il principiante all’acquisto e all’utilizzo della “prima” strumentazione astrofotografica. Un secondo dedicato all’esperto con descrizioni dettagliate e test più specifici di quelli riportati nel libro di L. Comolli e D. Cipollina. Questa trilogia potrebbe coprire completamente tutto quanto si può conoscere dell’Astrofotografia Digitale.

Riportiamo di seguito l’indice e la copertina del libro:

Guida pratica all’astrofotografia digitale di L. Comolli e D. Cipollina
  • Prefazione
  • Introduzione
  • Capitolo 1. La strumentazione
    • Le camere digitali
    • I sensori digitali
    • Telescopi e ottiche
    • Le montature
    • I sistemi di guida automatica
    • Gli accessori
    • I filtri fotografici
  • Capitolo 2. Prima di cominciare
    • Il sito osservativo
    • Allineamento polare della montatura
    • I settaggi delle DSLR
  • Capitolo 3. Iniziare a fotografare
    • L’acquisizione delle immagini
    • La messa a fuoco
    • Riprendere i frame di calibrazione: dark frame e flat field
    • Il bilanciamento del bianco
    • Il raffreddamento dei sensori
    • I tipi di astrofotografia
    • La scelta degli oggetti da riprendere
    • Inquadrare il soggetto
    • Lo scatto
  • Capitolo 4. Il pretrattamento delle immagini
    • La necessità del pretrattamento
    • I programmi per la gestione tecnica delle immagini
    • La calibrazione delle riprese con dark e flat
    • Convertire i file RAW
    • L’allineamento e la compositazione
  • Capitolo 5. L’elaborazione cosmetica
    • Perché elaborare?
    • La scelta del programma: Photoshop
    • I preliminari: la regolazione dei livelli e delle curve
    • La maschera sfuocata e la DDP
    • La correzione di colore selettiva sul cielo e sugli oggetti
    • Le tecniche RGB, LRGB, HaLRGB, HaOIII ed altre
    • L’elaborazione degli oggetti con elevata differenza di luminosità
    • La rimozione della vignettatura e dei gradienti
    • La riduzione del rumore di fondo
    • La riduzione dei diametri stellari
    • L’esaltazione del colore delle stelle
    • Aumentare la nitidezza con il filtro “Accentua paesaggio”
    • L’uso dei plug-in
    • Creare le “Azioni” con Photoshop
    • Il salvataggio dei file
  • Conclusione
    • Gestire le immagini
    • Diffusione su internet e sulle riviste
    • Stampare i migliori risultati
    • Consigli generali
  • Appendice
    • Riferimenti bibliografici
    • Accessori da autocostruire
    • Formule utili