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Introduzione all’ASTROfotografia Open Source

Siamo tutti a conoscenza dei famosi Photoshop CS e Camera RAW  per modificare ed elaborare il risultato degli scatti che abbiamo effettuato; ma questi programmi sono installabili ed utilizzabili su sistemi Windows o Osx.

Per tutti coloro che possiedono come sistema operativo del proprio pc LINUX, sono disponibili altri software che permettono l’elaborazione dei nostri scatti, fra tutti possiamo citare “The Gimp” per l’elaborazione vera e propria delle immagini, e “Raw Therapee” per la gestione ed elaborazione dei file RAW.

Questi software hanno pressoché le stesse funzionalità dei programmi poco prima citati per Windows o Osx, ma a differenza di questi ultimi si tratta di programmi Open-Source  o con licenza di software libero che prevede le seguenti 4 caratteristiche:

  1. Libertà di eseguire il programma per qualsiasi scopo.
  2. Libertà di studiare il programma e modificarlo.
  3. Libertà di ridistribuire copie del programma in modo da aiutare il prossimo.
  4. Libertà di migliorare il programma e di distribuirne pubblicamente i miglioramenti, in modo tale che tutta la comunità ne tragga beneficio

THE GIMP 

Viene considerato da molti come la valida alternativa “open” a Photoshop CS anche se vi sono alcune differenze fra i due programmi che analizzeremo meglio in seguito.

The Gimp è  un software che permette l’elaborazione delle immagini in diversi formati, sia proprietari che non. Grazie ad una moltitudine di plugin ed effetti aggiuntivi permette una vasta copertura di funzionalità, necessarie per le varie elaborazioni che si intende effettuare sulle immagini.

Le principali differenze fra The Gimp e Photoshop CS sono di seguito riportate:

  • Photoshop non è compatibile con i plugin e script per GIMP, mentre GIMP offre una limitata compatibilità (con il plugin PSPI) ai plugin progettati per Photoshop, come i filtri 8BF.
  • Photoshop non supporta il formato nativo di GIMP (XCF), mentre GIMP può leggere e scrivere il formato nativo di photoshop se con metodo di colore CMYK (PSD).
  • GIMP e Photoshop hanno differenti caratteristiche nelle gestione dei colori. Photoshop supporta immagini a 16 bit, 32 bit e a virgola mobile, gli spazi colori Pantone, CMYK e CIE XYZ. GIMP, invece, supporta solo limitatamente lo spazio CMYK con un plugin aggiuntivo limitato. GIMP non può supportare, per motivi legali, lo spazio colore commerciale Pantone
  • GIMP necessita di una minima conoscenza di programmazione per programmare gli script Python-Fu o Script-Fu, mentre Photoshop ha la possibilità di programmare macro (le azioni) e ripeterle con un tasto play (bisogna notare che questo meccanismo è meno flessibile degli script).
  • Photoshop dispone di alcune funzionalità di produzione non implementate in GIMP, come il supporto nativo per i livelli di correzione colore (Adjustment layers, livelli che agiscono da filtri) e una cronologia di annullamenti che persiste tra le sessioni di lavoro.

I formati che possono essere gestiti da The Gimp sono JPEG, TIFF, PNG, GIF e BMP, e può inoltre gestire ed elaborare in modo completo i file RAW, semplicemente installando il plugin aggiuntivo “UFRaw”.

Come possiamo notare dall’immagine, la schermata di elaborazione dei file RAW tramite il plugin “UFRaw” si presenta molto intuitiva e con i vari controlli per i bilanciamenti posizionati secondo una logica di utilizzo; ciò permette un elaborazione sotto certi punti di vista molto più schematica, con i controlli principali in primo piano e l’istogramma attivo in continuo aggiornamento, in modo da poter verificare la stabilità delle varie elaborazioni effettuate.

Una volta effettuati i vari aggiustamenti sul file RAW, si può proseguire l’elaborazione dell’immagine stessa con altri strumenti o filtri forniti da The Gimp, oppure esportare l’immagine così ottenuta nel formato più adatto.

RAW Therapee

Questo software permette l’elaborazione dei file RAW sia nel formato CR2 di Canon, che nel formato NEF di Nikon. Questo programma non necessita di altri software (se non per ulteriori post elaborazioni) in quanto permette un controllo completo dei vari controlli per l’elaborazione delle immagini, fino all’esportazione in vari formati (Jpeg, TIFF, PNG a 8-16 bit) delle immagini appena elaborate.

L’interfaccia di gestione appare molto semplice ed intuitiva: Nel Pannello di sinistra dall’alto troviamo il modulo che riporta i dati RBG e HSV del pixel selezionato dal cursione; subito sotto vi è il modulo della cronologia delle modifiche effettuate, molto utile per avere sotto controllo i vari step effettuati nell’elaborazione dell’immagine.

Al centro troviamo lo spazio in cui possiamo vedere i vari risultati delle elaborazioni che stiamo effettuando direttamente sull’immagine sorgente.

Nel pannello di destra partendo dall’alto abbiamo l’istogramma della luminosità dell’immagine, del canale verde, blu e rosso. Subito sotto abbiamo il modulo per la selezione dei profili pre-salvati da assegnare all’immagine, oppure possiamo elaborare l’immagine agendo direttamente sui controlli presenti, dalla luminosità, al controllo dell’esposizione o agendo sulla curva di colore.

[contributo di Matteo Manzoni]




Archiviazione delle informazioni

Abbiamo visto in ADC dal mondo analogico a quello digitale” come il risultato finale della nostra ripresa astrofotografica, effettuata con sensori CCD o CMOS, sia una sequenza di segnali digitali in grado di fornire informazioni sul numero di fotoni che hanno inciso durante l’esposizione su ogni singolo fotoelemento a semiconduttore. Questi segnali digitali dovranno quindi essere ora memorizzati in maniera opportuna su un supporto informatico come una scheda di memoria (ce ne sono di diversi tipi tra cui le più diffuse sono le SD e CF) o il disco fisso di un computer (nel caso di scatto remoto). Come sappiamo il risultato di questa memorizzazione sarà un file.

In astrofotografia digitale abbiamo molteplici formati in grado di memorizzare i file contenenti le informazioni della ripresa. In questo post analizzeremo i file più diffusi.

RAW

Con la parola RAW (grezzo) si indicano i file memorizzati dalle fotocamere digitali in grado di contenere tutte le informazioni in uscita dall’ADC. Dato che ogni casa produttrice ha un sistema diverso di acquisizione e conversione del segnale analogico in digitale, esistono molteplici file RAW, ciascuno con la sua estensione proprietaria. Ad esempio Canon utilizza il formato CRW (Canon RaW) con estensione CR2 mentre Nikon utilizza il formato NEF (Nikon Electronic Format) con estensione omonima.

I file RAW sono importantissimi per l’astrofotografia, dato che contengono le informazioni “originali” del sensore, prima che il processore della camera demosaicizzi l’immagine come descritto in “Costruire un’immagine a colori”. Il processo di demosaicizzazione include un peggioramento della qualità dell’immagine e dovrebbe venire applicato solo una volta che tutti i parametri di ripresa (bilanciamento del bianco, contrasto, …) sono stati opportunamente corretti. Questi parametri vengono corretti automaticamente dal processore. Ma se volessimo correggerli noi? In questo caso solo il file RAW ci permette di accedere alle informazioni necessari.

Ovviamente utilizzando i file RAW si rende necessario una “demosaicizzazione” a mano, oggi automatizzata da software di post produzione come Adobe Camera Raw (plug-in di Photoshop) o IRIS. Questi software sono in grado di leggere gran parte dei formati RAW proprietari oggi presenti sul mercato.

Data l’enorme mole di informazioni contenute nel file RAW, questi occupano molto spazio su disco, aumentando di conseguenza il tempo di salvataggio. Mentre quest’ultimo problema è risolubile solo aumentando la velocità dell’elettronica della camera e dei supporti di archiviazione, la riduzione dello spazio su disco è possibile utilizzando software di compressione.

Come si può ben capire il RAW non è un file immagine ma un file di dati. Una volta modificati opportunamente i parametri di ripresa il software di post produzione procede con la demosaicizzazione generando un’immagine a colore. Questa dovrà essere salvata in un file di tipo immagine. Quindi riassumendo, ad ogni file RAW corrisponde un file immagine. Nelle prossime sezioni vediamo quali sono i file immagini più diffusi in astrofotografia.

TIFF (8 o 16 bit/canale, compresso), PIC e BMP

L’immagine a colori fornita dal file RAW ha un gamma tonale dettata dal numero di bit dell’ADC come illustrato nel post “ADC: dal mondo analogico a quello digitale”. Questa non è ovviamente visualizzabile dato che molto spesso è superiore alla gamma tonale dell’occhio umano pari ad 8bit. Quello che succede è che la gamma tonale viene compressa dal numero di bit dell’ADC a 8bit. Questa “compressione” però è solo visuale, l’immagine che fuoriesce da un file RAW contiene infatti tutta la gamma tonale originale. In questo modo se tagliate parte dell’istogramma dell’immagine ottenuta a partire da un file RAW non perderete in quantità, dato che avrete un numero di toni sovrabbondante rispetto a quelli che può vedere l’occhio umano.

Il formato immagine in grado di memorizzare tutta la gamma tonale originale fornita dal file RAW sono il PIC ed il TIFF a 16 bit/canale. Al momento, dato che il numero di bit (per canale RGGB) fornito dagli ADC di DSLR e CCD è generalmente inferiore o uguale a 16bit, il TIFF a 16 bit/canale ed il PIC risultano essere formati appropriati.

È però possibile salvare l’immagine prodotta dal file RAW in un formato ad 8bit. In questo caso la visualizzazione compressa si trasforma in vera è propria riduzione del numero di bit e quindi della gamma tonale. Esempi sono i formati TIFF a 8bit/canale o BMP.

Perché salvare un’immagine in formato TIFF a 8bit/canale o BMP quando esistono formati come il TIFF a 16bit/canale o PIC? La ragione è ovviamente di natura pratica: diminuire lo spazio occupato dai file su disco.

In astrofotografia digitale, la pratica più utilizzata è quella di salvare l’immagine generata dal file RAW in TIFF a 16bit/canale o PIC ed effettuare la cosmetica su questi tipi di file. In questo modo sfrutteremo al meglio il segnale fornito dall’ADC della nostra fotocamera digitale. Una volta applicate tutte le modifiche sarà possibile salvare l’immagine in formato TIFF a 8bit/canale o BMP ottenendo un file di dimensioni inferiori e di facile trasportabilità. La riduzione della gamma tonale non comporterà perdite alla qualità dell’immagine. Ovviamente una volta convertita in immagine ad 8bit/canale non sarà possibile apportare altre modifiche di cosmetica all’immagine a meno di non voler perdere dettagli o introdurre artefatti (come la posterizzazione, vedi il post “Istogramma e stretching dinamico: come ottenere il massimo dalla dinamica del nostro sensore”).

È possibile inoltre comprimere i file TIFF in modo che questi occupino meno spazio su disco, senza perdere nessuna informazione. Tale formato si chiama, con molta fantasia, TIFF compresso.

JPEG

Il formato JPEG è sicuramente il formato immagine più diffuso, principalmente grazie alle ridotte dimensioni che questo occupa su disco. La gamma tonale che questo file riesce a memorizzare è di soli 8bit/canale, quindi del tutto simile ad un TIFF 8bit/canale o ad un BMP. Perché allora il formato JPEG occupa meno spazio addirittura di un TIFF compresso?

Anche le immagini JPEG sono compresse, ma utilizzano metodi lossy ovvero che durante la compressione perdono informazioni. Questo processo distruttivo per l’immagine permette al JPEG di occupare dimensioni anche molto ridotte. La perdita di qualità dell’immagine a seguito della compressione viene caratterizzata da una grandezza nota come fattore di compressione.

L’utilizzo di immagini JPEG è vivamente sconsigliato in astrofotografia. È comunque possibile salvare una compia dell’immagine finale ad 8bit o 16bit non compressa in JPEG al fine di una sua distribuzione sul web. In tal caso, per mantenerne la qualità si consiglia di utilizzare un fattore di compressione minimo.

Alcune DSLR permettono il salvataggio RAW + JPEG, utile per visualizzare velocemente le informazioni contenute nel file RAW

Ricordiamo infine che le fotocamere digitali, se non indicato diversamente, salvano le immagini su scheda (o disco nel caso di controllo remoto) in formato JPEG. Lo sviluppo RAW in JPEG ovvero la demosaicizzazione, bilanciamento del bianco e compressione, vengono effettuati dal microprocessore della DSLR (DIGIC per fotocamere Canon). Questo perché il tempo di processo sommato a quello di memorizzazione del formato JPEG su scheda è decisamente più veloce del solo salvataggio del file RAW. Ovviamente scattando in JPEG il file RAW (sempre prodotto) rimane in memoria e viene subito cancellato dopo il processo di “sviluppo” in JPEG.

FITS

Il formato FITS è molto diffusi in Astronomia e recentemente è divenuto uno standard per CCD astronomici amatoriali. Come il file RAW, questo formato contiene tutte le informazioni relative al sensore CCD precedenti al processo di demosaicizzazione.

Oltre all’immagine il file FITS può contenere molteplici informazioni e questo ne giustifica l’utilizzo in ambito scientifico professionale. Altro vantaggio che diventerà importante in futuro con le nuove generazioni di ADC, è che il formato FITS permette di salvare immagini a 32bit/canale.

File FITS possono essere interpretati da software come FITS Liberator (Plug-in di Photoshop) o IRIS.

Concludendo quindi abbiamo scoperto come ottenere il massimo dalle nostre immagini digitali ed in particolare è stata illustrata una procedura che a partire dal file RAW ci permette di costruire immagini corrette a 16bit o superiore. Queste possono essere a loro volta modificate grazie ai programmi di post produzione come Photoshop ed infine salvate in formati compressi come il “comodo” JPEG.

Il file RAW, così come l’immagine a 16bit (o superiore) devono venire archiviate, perché contengono tutte le informazioni sullo scatto. I file JPEG invece possono essere utili per un’eventuale pubblicazione sul web o per inviare le fotografie tramite mail.